DOCUMENTO DEL DIPARTIMENTO ENTI LOCALI,DEMOCRAZIA ED ISTITUZIONI PRC SU MANOVRA ECONOMICA E AUTONOMIE LOCALI
La manovra finanziaria correttiva si configura anche come vera e propria contro-riforma degli EELL: i tagli poderosi dei trasferimenti -oltre 14 miliardi- mettono infatti profondamente in discussione l’autonomia finanziaria di Comuni, Province e Regioni ed i diritti dei cittadini a partire dai più deboli.
Nella manovra, infatti, si definisce un inasprimento del “patto di stabilità” che prevede sia il taglio di trasferimenti sia una serie di norme che inaspriscono le sanzioni per gli enti inadempienti; per le Regioni a statuto ordinario si prevede un taglio di 4000 milioni di euro per il 2011 e 4500 per il 2012; per le Regioni a statuto speciale (e le province di Bolzano e Trento) meno 500 milioni per il 2011 e meno 1000 per il 2012; per i Comuni meno 1500 per il 2011 e meno 2500 per il 2012; per le
Province meno 300 milioni per il 2011 e meno 500 per il 2012.
A questa cifra di ben 14,8 miliardi nel prossimo biennio vanno aggiunti gli effetti del taglio già deciso con la precedente finanziaria triennale (ddl 112/98 sempre di Tremonti):per il 2011, infatti, alle cifre prima richiamate vanno sommati 1800 milioni per i Comuni, 98 per le province, 1500 per le Regioni.
Con questi numeri gli EELL non sono in grado di chiudere i bilanci, a meno di non dover subire un ricatto: o si tagliano i servizi sociali per i cittadini (asili nido, refezione scolastica, assistenza agli anziani ed ai portatori di handicap, sostegno ai minori a rischio, inclusione dei più deboli a partire dai migranti ecc.), magari diminuendone qualità ed estensione universalistica o si aumentano le tariffe dei pubblici servizi (tassa rifiuti,occupazione suolo, trasporti, edilizia pubblica, servizi a domanda individuale, ecc.) magari tentando di privatizzarli (l’esatto opposto di quello che chiedono le centinaia di migliaia di cittadini che hanno firmato il referendum per l’acqua pubblica) o si vende ai privati il patrimonio strategico, oggi rimpinguato dal cosiddetto federalismo demaniale; oppure, inevitabilmente, si è costretti a sforare il patto di stabilità subendone le sanzioni successive.
Sanzioni che hanno effetti pesantissimi non tanto per la vita amministrativa degli enti, ma per la vita dei cittadini: sanzioni inasprite nel decreto prevedendo integrale recupero da parte dello Stato delle somme eccedenti il patto nel successivo trasferimento (finora si tagliava al massimo il 5%), limite impegni di spesa, blocco del ricorso agli indebitamenti anche per gli investimenti, divieto di procedere ad assunzione di personale a qualsiasi titolo ecc.
Il Governo, insomma, afferma il falso dicendo che la manovra non metterebbe le mani nelle tasche degli italiani: i tagli agli enti locali sono un attacco durissimo alle condizioni di vita dei cittadini, soprattutto ai lavoratori a reddito fisso, ai precari ed ai disoccupati e svelano con evidenza la natura antipopolare e di classe della manovra.
L'effetto di questa manovra, infatti, determina- secondo una ricerca dell' ANCI-IFEL pubblicata nei giorni scorsi dal Sole 24Ore - una riduzione media della spesa dei Comuni del 10%, con un'incidenza maggiore per i Comuni che hanno fatto più investimenti e spese negli anni scorsi: ( si calcola ad esempio a Torino, anche per effetto degli investimenti per le Olimpiadi invernali un taglio di oltre il 17% ) e la previsione fondata che oltre il 50% dei Comuni non sarà in grado di rispettare i vincoli.
Gli stessi tagli alle Regioni (vedi schema Sole 24 ore del 9/6/2010) - trasporto locale, incentivi alle imprese, edilizia residenziale pubblica, ambiente, lavoro, agricoltura - per oltre il 10% su queste voci di spesa, determineranno ulteriori mancati trasferimenti ai Comuni ed alle Province, con ulteriori danni ai cittadini più deboli ed alla piccola impresa.
Il patto di stabilità ed il suo inasprimento si configurano, insomma, come lo strumento per dare un colpo irreversibile all'autonomia degli EELL ed in particolare a quel ruolo dei Comuni come “ enti di prossimità” vicini ai cittadini ed ai loro bisogni e possibile luogo di pratiche partecipative: lo stesso federalismo diventa in questo quadro più ambiguo e pericoloso al punto che alcuni enti locali faranno la richiesta di poter almeno aumentare le addizionali IRPEF e IRAP o alla istituzione di tasse “di scopo”.
Lo stesso Presidente dell'Anci e Sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha sintetizzato la contraddizione fra manovra e federalismo dicendo che “ non si può ammazzare un cavallo e poi dirgli di correre”.
Nella parte della manovra riguardante gli enti locali si evidenzia un tema da noi sottolineato nel programma per le ultime elezioni amministrative e regionali: l'attacco all'autonomia finanziaria di enti locali e Regioni è la conseguenza della scelta sciagurata di aver approvato il ddl Calderoli sul federalismo fiscale prima del cosiddetto Codice delle Autonomie - che infatti langue in Parlamento da oltre due anni – che dovrebbe definire le funzioni proprie dei Comuni, delle Province e delle Regioni e l'esigibilità dei diritti costituzionali per tutti i cittadini, a partire dal sociale e dalla Sanità.
I tagli della manovra affermano, invece, un federalismo non solo non solidale, ma apertamente in contrasto con il Titolo V della Costituzione: diritti e servizi non saranno garantiti “in maniera appropriata ed universale” in tutti i territori in maniera uniforme.
Si afferma, insomma, il principio che la finanza locale - che pure in questi anni ha migliorato i suoi saldi a differenza dello Stato - sia subordinata alla finanza nazionale.
In questo quadro appare demagogica ed inefficace la propagandata sforbiciata ai costi della politica a livello di enti locali: riduzione dei compensi per i Sindaci, i Presidenti e gli Assessori, indennità per i Consiglieri che passa come tetto massimo da un terzo ad un quinto di quella prevista per i Sindaci e per i Presidenti, contenimento dei gettoni e dei costi degli organi di gestione delle società partecipate. Intendiamoci, siamo stati tra i primi ad aver sollevato il tema dei costi impropri della politica anche a livello locale, soprattutto riguardo alla proliferazione di enti di secondo grado, all'aumento delle consulenze e delle dirigenze esterne, alle assunzioni senza concorso in molte società miste, ai benefit immotivati per gli amministratori a partire dalle auto blu ecc.
La manovra attuale tuttavia non si configura affatto come taglio ai costi impropri della politica a livello locale ed infatti nella relazione tecnica il comma 5 dell'art. 5 non prevede economia per i saldi nazionali e quindi evidenzia la falsità del risparmio; la verità è che la manovra è un attacco alla risorsa della democrazia elettiva dei Consigli.
Emblematico a tal riguardo è il taglio del gettone di presenza per i Consigli circoscrizionali e municipali ( poche centinaia di euro al mese nelle grandi città ) in quanto già con le precedenti Finanziarie tali emolumenti sono stati già limitati ai soli capoluoghi di provincia ed alle città superiori ai 100000 abitanti.
Non è certo credibile un Governo che in nome del rigore taglia gli spiccioli dei compensi dei Consiglieri ma non taglia il numero dei parlamentari limitandosi ad una piccolissima riduzione del compenso e rimandando lo sbandierato taglio dei rimborsi elettorali dei partiti alle prossime elezioni politiche presumibilmente nel 2013 e quindi senza incidenza sui saldi della manovra oggi in discussione.
E' necessaria una reazione democratica degli enti locali non in difesa dei presunti privilegi ma in difesa della democrazia, spostando l'asse sui bisogni dei cittadini e sul ruolo dei Consigli come enti di prossimità: il rischio, altrimenti, è che con successive manovre si punti ad azzerare tutta la partita dei permessi per i consiglieri lavoratori e del rimborso degli oneri ai datori di lavoro previsti dalla legge 816 e che sono la condizione per permettere la partecipazione dei lavoratori dipendenti all'attività istituzionale, una conquista democratica ed un diritto, se si vuole evitare che il mandato elettivo in prospettiva riguardi solo ricchi ceti professionali o, peggio, solo rappresentanti lobbistici di interessi forti.
La stessa problematica dell'abolizione delle Province più piccole prima annunciata e poi ritirata per essere riproposta in queste ore alla Camera come emendamento parlamentare al ddl sulle Autonomie è emblematica di questa confusione di chi vuole affrontare il problema dei costi per motivi propagandistici senza discutere di un ridisegno strategico del ruolo delle Autonomie: da tempo come Prc riteniamo superato il dibattito sull'inutilità delle Province e lavoriamo per definire per le stesse una funzione fondamentale nella pianificazione economica e territoriale di area vasta anche per permettere un livello di coordinamento dei 5600 piccoli Comuni italiani inferiori a 5000 abitanti, una caratteristica peculiare e una ricchezza dell'Italia.
Per questo ci siamo opposti in questi anni alla proliferazione di nuove Province la cui configurazione territoriale non fosse storicamente e culturalmente definita e pretendiamo che le Regioni conferiscano alle Province tutte le deleghe previste in materia urbanistica, ambientale, di assetto idrogeologico, di edilizia scolastica e di politiche per la formazione e per il lavoro.
Proponiamo invece di abolire le Province nei territori dove si prevede la creazione di un' Area Metropolitana e di prevedere l'abolizione di molti enti di secondo grado sovra-comunali (Consorzi di bonifica, ambiti territoriali ecc. non espressione di democrazia diretta) costosi ed inutili le cui funzioni possono essere accorpate nelle Province stesse che sono le uniche che possono rispondere politicamente agli elettori del loro operato.
C'è infine un nesso forte fra i tagli agli enti locali che ridurranno la loro capacità di erogare servizi ai cittadini e l'attacco indiscriminato ai pubblici dipendenti e alla dirigenza pubblica contenuta nella manovra attraverso la sospensione dei diritti contrattuali collettivi ed il licenziamento di oltre il 50% dei precari che lavorano nella pubblica amministrazione.
Bisogna evitare una sottovalutazione di questo attacco al pubblico impiego: l'offensiva di Brunetta contro i “fannulloni” rischia di passare culturalmente anche in settori della sinistra e del sindacato, determinando una forma di “rivoluzione passiva”, se non si costruisce un'adeguata iniziativa di lotta.
Infatti è da notare che la manovra sfiora pochissimo i compensi dell'alta burocrazia e invece sospende per tre anni ogni miglioramento economico e normativo per milioni di lavoratrici e lavoratori.
Per contrastare questa manovra lavoreremo su tre proposte-obiettivo:1) costruzione di un'iniziativa dei Consigli comunali , provinciali e regionali che contrasti la manovra sul versante dell'autonomia, dei bisogni e dei diritti dei cittadini; vi proponiamo di utilizzare come punto di partenza gli schemi di ordine del giorno allegati(per Regioni,Province e Comuni,eventualmente integrati ed arrichiti da obiettivi locali) da proporre all'approvazione di tutte le assemblee elettive dove si esplicita il concetto che i tagli dei trasferimenti sono tagli ai servizi sociali e ai diritti dei cittadini e si rilancia il ruolo delle Autonomie previsto costituzionalmente, chiedendo alle associazioni- ANCI ,UPI, LEGAAUTONOMIE - un ruolo incisivo nei confronti del Governo e del Parlamento.Va ,inoltre ,organizzata una campagna informativa da parte delle Autonomie Locali nei confronti dei cittadini che evidenzi il fatto che su una manovra di circa 24 miliardi –al netto di 8 miliardi di nuove entrate previste-circa 14 miliardi(l’ 85% dei tagli)sono concentrati su Regioni ed EELL e quindi si configurano come taglio alle condizioni sociali di vita dei cittadini.2) La promozione di forme di disobbedienza civile delle Amministrazioni e degli Amministratori contro gli effetti dei tagli ,ivi compresa la possibilità di organizzare “scioperi alla rovescia” con la partecipazione dei cittadini e degli operatori per far funzionare meglio i servizi che si dovrebbero tagliare o ridurre (esempio asili nido, centri servizi sociali ecc.)3) Un ulteriore sostegno della campagna contro la privatizzazione dei servizi pubblici,valorizzando gli effetti positivi a livello di consenso popolare indotti dalla massiccia partecipazione alla raccolta di firme per l'acqua pubblica: bisogna saper dimostrare che gestire pubblicamente i servizi come acqua, elettricità, trasporti non solo è più giusto ma anche più conveniente.
Roma 18/6/2010
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