lunedì 23 agosto 2010

PROBLEMI TECNICI

PER PROBLEMI TECNICI(ROTTURA COMPUTER)....PER UN PERIODO DI TEMPO NON POTRO' AGGIORNARE IL BLOG MI SCUSO CON TUTTI PER LA MANCANZA DI INFORMAZIONI, VI RICORDO COMUNQUE CHE MOLTE DELLE INFORMAZIONI POTRETE CONTINUARE A TROVARLE SULLA PAGINA DI FACEBOOK "TUTELA LAVORATORI"....CIAO E A PRESTO

lunedì 9 agosto 2010

congedi parentali

Congedi Parentali - fac-simile comunicazione Congedo maternità
Racc.ta R.R.
Spett.le Società
______________________________
Oggetto: congedo di maternità. La sottoscritta _________________________________
nata a _________________________________________________________
Il ______________ Residente a _____________________________________
in Via __________________________________________________________
Vs. dipendente in qualità di __________________
Con la presente comunica che dal _____________________________ sarà in congedo per maternità , ai sensi dell’art. 21, D.Lgs. 151/01, così come risulta da certificato medico allegato ( oppure: già consegnatovi).
Distinti saluti.
Data
___________________
(firma) Allega certificato del medico
Note
nel certificato medico di gravidanza devono essere riportate (art. 14, D.P.R. n. 1026/1976,:
a) le generalità della lavoratrice;
b) l'indicazione del datore di lavoro e della sede dove l'interessata presta il proprio lavoro, delle mansioni alle quali è addetta;
c) il mese di gestazione alla data della visita;
d) la data presunta del parto.
deve essere rilasciato in tre copie, due delle quali devono essere prodotte a cura della lavoratrice rispettivamente al datore di lavoro e all'Istituto assicuratore.

Filcams CGIL Nazionale Via Leopoldo Serra,31 00153 Romahttp://www.filcams.cgil.it

ci mancavano i voti elettronici


Ci mancavano i voti elettronici
Perché nello statuto professionale di un docente italiano non è prevista – se non in apparenza – una competenza tecnologica culturalmente significativa? La colpa è della modernità. Moderno è bello. Slogan che ha segnato molti mutamenti – non sempre positivi – negli ultimi anni e sostenuto radicali abiure rispetto al passato, non sempre necessarie. La modernità è suggestione irresistibile, a cui – con consapevolezza ed elaborazione – rispondono nella storia del pensiero le menti più brillanti. Da qualche tempo, però, questa parola, ricca di implicite ed esplicite fascinazioni culturalmente sofisticate, si è involuta in una sorta di automatico “bollino” di positività; perdendo – allo stesso tempo – il senso di paradigma e indicatore di processi culturali complessi e significativi. Vittima di questo uso (e abuso) di un termine dal pedigree sontuoso è la scuola.Assolutamente moderniPolitiche intrise di entusiasmi neoilluministi, non corroborati dalla necessaria riflessione culturale, hanno sostenuto che l’inserimento delle sempre “nuove” (a dispetto dello scorrere dei decenni) tecnologie potesse di per sé innescare un costruttivo rinnovamento, adeguando la scuola ai cambiamenti del mondo. Si è assegnata, insomma, valenza positiva in sé all’ingresso dei Pc e a infatuazioni per i totem tecnologici del momento (ultimo annuncio, con il plauso dei media, la pagella digitale, quando per l’Istat Internet taglia fuori 4 famiglie su 10). Ma notevoli investimenti economici non sono stati sostenuti da un analogo disegno culturale, che rendesse questi “moderni” oggetti valore aggiunto significativo per processi cognitivi degli studenti e intenzionalità didattica degli insegnanti. Il vero risultato è una “nuova frontiera” demagogica. Punta di diamante, la famosa “scuola delle 3 i” di Moratti: Internet, Inglese e Impresa (sic!). Fiumi di soldi sprecati e acquisizioni modeste da parte dei docenti, formati con criteri “addestrativi”, in gran parte recalcitranti a servirsi del potenziale dell’inserimento delle tecnologie nella didattica. Pochi coloro che escono con un po’ di intraprendenza esplorativa dalla dimensione del fare pur che sia (che ha creato l’opinabile figura dell’esperto in ogni scuola) verso quella del verificare sperimentando. Molti ignorano l’opportunità epistemologica costituita dalle rappresentazioni del mondo che le tecnologie digitali di comunicazione inverano e sulle quali costringono a riflettere. Un uso consapevole e culturalmente significativo avrebbe invece potuto rappresentare un’alternativa all’immobilità del sistema scolastico, sottoponendo i saperi a operazioni esplicite, ma concettualmente complesse.La scuola del cartaceoTra grida e annunci, nessun vero spazio per affiancare altri modelli (frutto della metabolizzazione culturale di tecnologie alternative e plurali) alla preesistente e univoca architettura, emanazione di un’unica tecnologia, il libro tradizionale. È la scuola del cartaceo, in cui le fotocopie – grazie ai tagli – stanno diventando merce rara. In cui i docenti, arroccati nei saperi disciplinari, ignorano spesso la differenza tra mappa mentale e concettuale, continuando a chiamare “tesine” lavori privi di sintassi dichiarate, che gli studenti sono costretti ad elaborare e discutere – spesso con reciproca inconsapevolezza – in occasione della maturità. In cui si propagandano e-book dall’identità culturale indefinita, da usare in aule quasi prive di prese di corrente. In cui l’etichetta-alibi “burocrazia” ha impedito a molti docenti di scaricare i regolamenti di una “riforma” cui si andrà incontro avendo orecchiato notizie di terza mano, senza consultare fonti immediatamente disponibili. Rete e digitale potrebbero invece essere non solo semplificazione procedurale, ma strumento di emancipazione, democrazia e informazione, come dimostra il fatto che articoli come questo sono sui principali siti dedicati alla scuola 24 ore dopo la pubblicazione. La centralità di lavagna di ardesia e gesso è forma mentis che, senza un progetto culturale, non può essere sconfitta da acquisti di computer, celebrazione di e-book, seduzione digitale delle Lim. Continuiamo pure con la pedo-demagogia.Nella scuola tagliata di 8 mld, in cui 140.000 di noi non troveranno più posto, in cui – a un mese dall’inizio – non si hanno certezze sugli organici, con le aule tinteggiate dai genitori, la scuola dell’Eternit e dell’amianto non bonificati, della carta igienica a pagamento, Gelmini tenta di distrarci con l’ultimo golem della modernità: la pagella elettronica. Su cui digiteremo le cifre di un minimalismo culturale perseguito con ostinazione.

domenica 8 agosto 2010

Maroni: lotta all'immigrazione clandestina "missione compiuta"

leggete questa notizia...alltro che sbarchi zero

Altro che sbarchi zero. Ecco quanto è accaduto in soli 10 giorni di agosto
Ai già drammatici bollettini estivi sul traffico o a quelli che indicano il numero di persone morte per via del caldo, perché non aggiungere quello che tiene il conto del numero degli sbarchi? Le ultime settimane sono state movimentate perché hanno segnato un aumento di quanti hanno cercato, in condizioni precarie e di totale insicurezza, di approdare sulle coste italiane. Ecco i dati di questi primi giorni agostani: 10 migranti giunti all’isola di Pantelleria a bordo di un’imbarcazione di cinque metri, proveniente dalla Tunisia. Si trovano ora a Trapani. Un barcone trasportante 39 persone è stato intercettato al largo di Lampedusa. I fermati sono ora a Porto Empedocle. Viene da chiedersi come mai non siano stati trasferiti al centro di prima accoglienza dell’isola, attrezzato per le operazioni di primo soccorso. Sarà forse un modo per raccontare l’edificante favola sulla “fine degli sbarchi”? Ma continuiamo con l’aggiornamento. 50 persone, per lo più afghani, con una barca a vela (utilizzata forse dagli scafisti per non attirare l’attenzione) hanno tentato l’approdo in Puglia prima di essere intercettati. La situazione in quella zona è preoccupante: nel primo semestre del 2010 sono già stati rintracciati 600 cittadini extracomunitari, in prevalenza afghani, curdi e iracheni, rispetto ai 320 di tutto il 2009. Preoccupante a tal punto da pensare di voler riaprire il centro di accoglienza «Don Tonino Bello» di Otranto. Sembra essere arrivata l’ora, per il ministero dell’Interno, di aggiornare i propri dati su questo fenomeno e di considerare quel 96% (diminuzione degli sbarchi rispetto al 2009), una percentuale ormai fallace, dal momento che è valida solo per i primi 4 mesi del 2010. Altro che Sbarchi Zero.

il padrone lo sfrutta,lui lo denuncia,lo stato lo espelle...

MODENA, 7 AGO - Un imprenditore di Maranello, nel Modenese, è stato denunciato da un suo dipendente tunisino per aver finto di aver regolarizzato la sua posizione di straniero in Italia, facendolo anche lavorare in nero per sedici mesi. Per questa operazione il titolare della ditta avrebbe persino chiesto 500 euro al suo sottoposto, facendogli presente tutte le spese per inoltrare una domanda che, si è scoperto, in realtà non aveva mai presentato. E questa circostanza porterà anche all'espulsione dall'Italia dell'artigiano e muratore raggirato. La truffa è stata scoperta dalla polizia di Sassuolo. Alcuni giorni fa - ha riferito il commissariato - il tunisino di trent'anni ha presentato denuncia di smarrimento della ricevuta relativa alla regolarizzazione che il datore di lavoro, nonchè vicino di casa, gli aveva consegnato. Ma l'ispettore che ha preso in considerazione il caso ha presto scoperto che quell' atto andato perso era, in realtà, solo una copia del versamento Inps 'F24' e senza timbro di pagamento. Il magrebino ha capito solo in quel momento di essere stato ingannato dal titolare e ha sporto denuncia nei suoi confronti, ma essendo rimasto a tutti gli effetti un clandestino è stato portato al Centro di identificazione ed espulsione di Modena e attende di essere rimpatriato. Il titolare campano della ditta, 43 anni, è stato invece denunciato per truffa aggravata. (ANSA). YC1-GIO 07-AGO-10 16:30 NNN

venerdì 6 agosto 2010

Radici, la storia della CGIL

se a lui danno una laurea....a noi cosa dovrebbero dare?

Gelmini: «Una laurea per Bossi»di Pietro Grecotutti gli articoli dell'autore
Una laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione a Umberto Bossi, per chiara fama da parte dell’università dell’Insubria, nella “sua” Varese. Sponsor autorevole dell’iniziativa – secondo la Prealpina, il quotidiano varesino che ne ha dato notizia lo scorso 30 luglio – è addirittura il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariestella Gelmini. Che avrebbe telefonato direttamente al rettore dell’Insubria, il professor Renzo Dionigi. Dell’idea e dell’autorevole sponsorizzazione si è parlato in una cena informale che lo steso rettore ha avuto con il prorettore, i presidi di facoltà, i dirigenti di rango più elevato circa un mese fa in un ristorante di Azzarate. La notizia non è mai stata smentita. Anzi, il 31 luglio la Prealpina ha pubblicato una lettera del Presidente della Provincia di Varese, Dario Galli, che rilancia l’idea e ricorda, un po’ spazientito, che sono almeno quattro anni che la Provincia chiede all’università dell’Insubria di conferire finalmente l’«indispensabile riconoscimento accademico all'uomo politico.. più significativo degli ultimi 30 anni» che, con la sua «incredibile capacità di comunicazione di massa» ha reso possibile il «miracolo leghista».A queste reiterate richieste il Rettore non è del tutto insensibile: «La laurea a Umberto Bossi? Se una facoltà la propone ...» aveva pubblicamente dichiarato già due anni fa. D’altra parte il Rettore era stato molto attento, lo scorso 15 marzo, a inaugurare, alla presenza proprio di Bossi, il Centro Internazionale Insubrico “Carlo Cattaneo” e “Giulio Preti” per la Filosofia, l’Epistemologia, le Scienze cognitive e la Storia della Scienza e delle Tecniche dell’Università degli Studi dell’Insubria, con sede nell’edificio centrale dell’Università, in via Ravasi a Varese.Certo non è frequente trovare città in Europa in cui ci sia un così stretto “idem sentire”, direbbe Bossi, tra cultura accademica e cultura politica dominante. E non si ha notizia, in Europa, di Ministri dell’università che perorino presso un rettore il conferimento della laurea ad honorem a un collega di governo.Tanto più presso un’università che non è esattamente un esempio di efficienza padana. Dove, secondo dati forniti dalla Cgil, si sforerà a breve il tetto del 90% nel rapporto tra stipendi e Fondo di Finanziamento Ordinario, avendo l’università dell’Insubria circa 380 e quasi altrettante unità di personale tecnico-amministrativo. Dove proliferano le sedi decentrate. L'ateneo ha due sedi istituzionali, Varese e Como, cui nel tempo si sono aggiunti corsi di laurea anche a Busto Arsizio e Saronno. Dove il figlio del rettore è professore associato nella stessa facoltà del padre (medicina). E il figlio del rettore vicario è ricercatore nella stessa facoltà del padre (giurisprudenza). In cui il rettore (70 anni) è in carica da 12 e lo sarà sicuramente per altri due. Dove non sempre i fondi vengono spesi bene. Talvolta non vengono spesi affatto: nonostante molti stanziamenti per l'edilizia, l'università dell’Insubria non dispone di sedi adatte, mentre non sono neppure iniziati i lavori di ristrutturazione della sede di via Ravasi a Varese, pianificati e finanziati fin dal 1998. È dunque in questo ateneo che sembra godere di molti dei mali attribuiti alle università del Sud che verrà laureato honoris causa il leader della Lega Nord?

giovedì 5 agosto 2010

DIRITTI DELLE DONNE NEL NOSTRO PAESE

CGIL: i diritti delle donne nel nostro Paese

Non basta mettere un mazzo di mimose in mano ad uno dei Bronzi di Riace, immagine che pubblicizzava l’iniziativa che consentiva solo alle donne l’entrata gratis nei musei il 6 e 7 marzo, per far dimenticare che questo è il Governo in carica che di più, nella storia repubblicana ha aggredito i diritti, il ruolo, e la dignità delle donne.
I comportamenti singoli, quali l’avallare l’idea che una donna abbia una funzione “estetica” nella società, una filigrana nelle rappresentazioni del potere, o peggio utilizzarla come valore di scambio tra favore e interessi, non è più grave dei comportamenti collettivi, quelli che si tramutano in atti politici, fatti anche da donne, e che hanno una dirompenza devastante nello smantellare un panorama di tutele avanzato e sostanzialmente reso inesigibile.
Dal libro bianco sul welfare, alle manovre sull’istruzione, al Piano per l’occupazione femminile, al quoziente familiare, persino il pacchetto anticrisi e l’innalzamento dell’età pensionabile hanno in loro una duplice filosofia: da un lato una concezione imperante nel centrodestra, familista, che poggia le proprie basi sulla divisione del lavoro e sulla presa d’atto che la partecipazione femminile al mercato del lavoro è un fattore indispensabile per garantire la sostenibilità economica delle famiglie e del nostro sistema economico.
Per cui si trovano formule quali i diritti sociali minimi, l’estensione del part-time o il lavoro accessorio, la riduzione del tempo scuola, per contenere i costi del sistema sociale pubblico scaricandone il peso sul lavoro delle donne e si propagandano queste stesse misure come interventi per la promozione delle pari opportunità!
Se si riducono le misure a favore della non autosufficienza, se si prevede un orario ridotto di studio ai figli, come si può conciliare vita e lavoro? Semplice, sacrificando i diritti della donna lavoratrice che, assumendo l’obbligo sociale della cura familiare verso i bambini e gli anzian, in questa nuova distribuzione delle responsabilità in cui al sistema pubblico si sostituisce la responsabilità individuale, troverebbe nella flessibilità spinta un opportunità.
La conciliazione è fatta, indubbiamente, di più servizi e di adeguamento degli stessi e dei tempi alle necessità derivanti dalle attività lavorative, ma anche di politiche organiche che consentano che la maternità non si tramuti in un evento che interdice la permanenza al lavoro, occupandosi di attività che accompagnino il rientro della lavoratrice madre con aggiornamento e formazione, che non ne impedisca la stabilizzazione, o la crescita professionale, ma pari opportunità deve e può voler dire anche una qualità della vita e delle policy territoriali migliori, con veri e propri interventi che guardino ai contesti urbani, all’organizzazione dei sistemi di servizi educativi, sociali, sanitari, culturali, che tengano in considerazione gli aspetti di genere. Allora viene da chiedersi perché cancellare la legge 188, contro le dimissioni in bianco, perché mettere in discussione ciclicamente la legge 194, perché non rifinanziare la legge 215, minare la legge 53, rendere sostanzialmente congelata la legge 328, dismettere l’impegno, non solo finanziario verso l’infanzia e il piano nidi?
Si finanzia un Piano Nazionale con 40 milioni di euro per iniziativa che nel migliore dei casi sono duplicazioni di provvedimenti già esistenti, quando invece non rappresentano una mina al sistema dei servizi pubblici, senza alcuna prospettiva quadro che affronti con gli strumenti adeguati, molti dei quali già esistenti i problemi esistenti.
Per fare ciò la CGIL ribadisce la necessità di un progetto per il Paese, che ridisegni non solo una missione produttiva dei territori e dei settori, ma che ricostruisca sul terreno della coesione sociale un profilo socioeconomico di sostenibilità che valorizzi il lavoro e la funzione sociale delle donne nella società. Fare questo vuol dire prima di tutto investire risorse contro la crisi e nel welfare.
I dati ci dicono che le donne la crisi la pagano più e peggio degli uomini, perché occupate in prevalenza in settori spesso non coperti da ammortizzatori, ed hanno in ogni caso retribuzioni più basse. I livelli di istruzione sono più alti, così come l’aspettativa professionale, ma il tasso di occupazione femminile rimane al di sotto della media europea e degli obiettivi di Lisbona attestandosi al 30.8% al sud, al 55,6% al nord ovest ed al 56.9% al nordest, aumenta al contempo il tasso di inoccupazione ed il tasso di inattività, si perde quindi persino la speranza. I differenziali retributivi si attestano intorno al 17%, ma la forbice varia a seconda dei settori presi in esame (diminuiscono nel pubblico aumentano nel privato), nella scala di valutazione del “gender gap” l’Italia passa dal 67esimo al 72esimo posto (partecipazione alla vita economica e politica, istruzione, salute).
Inoltre la maggiore presenza delle donne nel mercato del lavoro è dovuta all’aumento delle lavoratrici straniere (in particolare badanti) e al maggiore incremento del lavoro a tempo parziale, con tutto ciò che queste due condizioni rappresentano in termini di esposizione ai rischi sociali.
Inoltre la sostituzione del mancato intervento pubblico sul fronte dell’assistenza e della cura da parte delle politiche nazionali, sostituito in via privatistica dal lavoro delle lavoratrici migranti ha spesso permesso alle donne e ad i soggetti più istruiti di permanere nel mercato del lavoro, come lo stesso documento sottolinea.
Esistono forti contraddizioni tra le azioni e le politiche che il Governo ha messo in campo e le argomentazioni che vengono addotte a supporto di questo Piano Nazionale per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro.
Se si rileva il dato positivo del contributo apportato dalle lavoratrici migranti andrebbe ad esempio sospesa la legge Bossi-Fini che ne limita l’espansione e aumenta i fattori di discriminazione, così come se il ricorso al part-time supera le soglie monitorate gli studi di settore e diventa la modalità quasi unica di contrattualizzazione, piuttosto che aumentare le deroghe e deregolamentare ulteriormente le forme di lavoro a tempo parziale a discapito della lavoratrice, occorrerebbero norme più stringenti ed investimenti nei controlli ispettivi affinché il ricorso al part-time sia utilizzato, così come le attuali norme prevedono, su base volontaria e reversibile. Un lavoro part-time per tutta la vita lavorativa non solo produce un reddito debole, ma anche una pensione più bassa ed un’esposizione al rischio povertà maggiore.
Proprio la povertà è il grande capitolo che non si affronta, continuiamo ad essere un Paese che non ha nessuna forma di contrasto alla povertà, dopo l’interruzione della sperimentazione del reddito minimo di inserimento. Ma occuparsi di donne vuol dire soprattutto intervenire su questo capitolo: in Italia sono più di 4 milioni le donne che si trovano in condizione di povertà relativa e circa 1,5 milioni quelle in povertà assoluta.
I carichi familiari inoltre dimostrano che per tempo e attività le donne italiane sono molto più esposte.
Ma le donne oltre che lavorare, prendersi cura della famiglia, sono persone, soggetti portatori di diritti soggettivi, anch’essi declinati verso il basso in termini di affermazione e di libertà.
Penso al diritto alla maternità consapevole e a cosa sta accadendo sulla sperimentazione della RU486, penso alla libertà di scelta ed autodeterminazione, alla democrazia paritaria, alla partecipazione delle donne al governo dei processi economico e sociali e alle norme sulla parità nei consigli d’amministrazione, come se la democrazia paritaria fosse (solo) un problema quantitativo e non qualitativo. Conta anche quante donne vi sono ma soprattutto quanto potere hanno effettivamente di essere agenti di trasformazione e cambiamento.
E’ ora di ricostruire un pensiero condiviso, che metta in relazione analisi e proposte di intervento, ma soprattutto che renda manifesta l’esigenza di approcciare ai temi di genere ed alle politiche di parità come reali dimensioni di sviluppo e non come un “orpello etico” da propagandare attraverso interventi spot, nel tentativo di mitigare la cultura dominante regressiva di chi in questo momento ha la responsabilità di Governo del Paese.
Come donne della CGIL pensiamo che si debba ripartire dal Lavoro per riunificare generazioni, nazionalità, saperi e movimenti di donne, per rilanciare sul terreno della rappresentanza, della partecipazione una cultura differente della cittadinanza a partire dall’affermazione paritaria tra i sessi che cancelli discriminazioni, differenziali, segregazioni e separazioni.
Guardando alla piattaforma del prossimo 12 marzo giorno dello sciopero generale, alle iniziative che territori e categorie hanno già programmato durante tutto il mese di marzo, alla prossima Assemblea Nazionale delle Donne, la CGIL è e sarà in campo per riaffermare non solo i diritti civili ma soprattutto i diritti sociali delle Donne, perché dalla crisi bisogna uscire con una prospettiva che parli di un futuro migliore, basato sull’uguaglianza e sull’equità.

COORDINAMENTO DONNE

Care compagne / cari compagni ,
vi comunico che sul sito della Filcams di Roma e del Lazio, è stato allestito lo spazio già preannunciatovi, che ospiterà materie proprie del Coordinamento Donne Regionale.
L’area tematica “Pari Opportunità”, servirà a diffondere quanto da noi elaborato, su materie quali:
contrattazione di genere – pari opportunità – autodeterminazione – lavoro – famiglia –
Chiaramente l’area a noi destinata è ancora in fase embrionale, e toccherà soltanto a noi renderla più corposa, pubblicando il nostro lavoro, così come abbiamo fatto con l’ordine del giorno presentato al direttivo del 14 aprile 2010, sulla pillola RU486.
E’ solo il primo tra gli ODG presentati dopo il Congresso Regionale.
Ora mi aspetto da tutti voi, le esperienze contrattuali che ad ogni livello riuscirete a realizzare.
Buon lavoro.
Responsabile Coordinamento Donne
Filcams CGIL Roma Lazio
Carla Della Volpe
 

mercoledì 4 agosto 2010

berlusconi mafioso

DIVERTENTE..E VERITIERO!!!!!!

LA CAMERA SALVA I MAFIOSI AL GOVERNO!!!

ROMA - La mozione contro il sottosegretario Giacomo Caliendo, presentata dal Pd e dall'Idv, viene respinta con 229 si', 299 no e 75 astenuti. Un debole applauso accompagna l'esito della votazione.
BOSSI: RESISTIAMO, NON SI VA AL VOTO ORA -''Questo e' il segnale che resistiamo e non si va al voto adesso''. E' il commento del leader della Lega Nord Umberto Bossi lasciando l'aula dopo il voto sulla mozione di sfiducia a Caliendo alla Camera.

SCONTRO A CAMERA IN AULA TRA FINIANI E BELUSCONIANI - Scontro in aula tra deputati finiani e berlusconiani. Mentre il capogruppo della Lega Marco Reguzzoni stava intervenendo in aula sulla mozione contro Giacomo Caliendo, il deputato del Pdl Marco Martinelli ha gettato in faccia al finiano Aldo Di Biagio la scheda che i parlamentari usano per il voto. Il gesto e' arrivato alla fine di una animata discussione. I deputati, che stavano ormai per arrivare alle mani, si sono diretti nella parte piu' alta dell'emiciclo per uscire fuori dall'aula dalle porte secondarie. Uno stuolo di commessi li ha raggiunti per separarli. Dopo un po' Martinelli e' rientrato gridando e gesticolando. Un altro finiano, Enzo Raisi, ha cercato di riportare la calma ma inutilmente. Alla fine il presidente della Camera Gianfranco Fini ha invitato il parlamentare Martinelli a tacere o ad uscire dall'aula. Quest'ultimo ha preferito abbandonare l'emiciclo.

martedì 3 agosto 2010

Spot Sicurezza Lavoro Videogruppo

dati inail su infortuni e morti sul lavoro....

QUESTI SONO DATI CHE HO PRESO DAL SITO DELL'INAIL, VEDRETE CHE GLI INFOTUNI E LE MORTI BIANCHE SONO DIMINUITE,QUESTO E SUCCESSO SICURAMENTE NON PERCHE E STATO MODIFICATO IL TESTO UNICO SULLA SICUREZZA, MA SICURAMENTE SOLO PER IL SEMPLICE FATTO CHE NEL 2009 SONO SPARITI MOLTI POSTI DI LAVORO...QUINDI NON ABBASIAMO LA GUARDIA E NON GRIDIAMO VITTORIA I MORTI ANCORA CI SONO,ANCHE FOSSERO DIMINUITI AD UN MORTO SOLO IO NON GIOIREI,ESULTERO' SOLO QUANDO NON CI SARANNO PIU' MORTI BIANCHE...SOLO IN QUEL CASO ESULTERO' DI GIOIACalano infortuni e morti sul lavoro: è la flessione più alta dal 1993. Aspetto particolarmente significativo: la riduzione maggiore ha riguardato gli infortuni in occasione di lavoro - quelli effettivamente verificatisi durante lo svolgimento delle attività lavorative - per i quali il numero delle denunce si è ridotto del 10,2%, a fronte di un calo del 6,1% degli infortuni in itinere (avvenuti durante il tragitto casa/lavoro e viceversa).
Analoga - anche se in misura meno sostenuta - la flessione dei casi mortali: quelli in occasione di lavoro sono passati dagli 829 del 2008 ai 767 del 2009 (-7,5%), mentre i decessi in itinere sono scesi da 291 a 283 (-2,7%). Sempre nell'ambito degli infortuni mortali in occasione di lavoro, di particolare importanza è il numero di quelli occorsi sulla strada a lavoratori che operano in questo specifico ambito (autotrasportatori di merci o di persone, rappresentanti di commercio, addetti alla manutenzione stradale, ecc.), scesi comunque dai 338 casi del 2008 ai 303 del 2009 (-10,4%).
"E' dal 1993 - quando vi fu un calo dell'11,7% degli incidenti rispetto al 1992 - che nell'andamento complessivo degli infortuni non si registrava una flessione di questo livello" afferma Marco Sartori, Presidente dell'INAIL. "Nel 2008, anno pure molto positivo, la riduzione si era attestata invece intorno al 4,1%. In questo contesto, di per sé significativo, è importante sottolineare come parte sensibile della riduzione abbia riguardato gli infortuni relativi all'effettivo svolgimento dell'attività lavorativa: 79.064 casi in meno è un numero davvero rilevante". Per quanto riguarda, invece, "la diminuzione più contenuta dei casi mortali, diminuzione pure rilevante", ricorda Sartori, "è un ambito dove il margine di contenimento di per sé è minore, trattandosi di cifre già sensibilmente ridotte nel corso di questi ultimi anni: basti pensare che, nel 2001, i decessi erano stati 1.546".
La crisi economica riduce del 3% il tempo di esposizione al rischio. Il 2009 è stato un anno fortemente condizionato dalla grave crisi economica internazionale che ha interessato il nostro Paese già a partire dalla seconda metà del 2008 e poi si è protratta e acutizzata nel corso dei mesi successivi. Tutto ciò si è tradotto non solo in un calo del numero di occupati (secondo l'Istat pari al -1,6%), ma anche in una riduzione nella quantità di lavoro a seguito di interventi operati dalle aziende: dai tagli di straordinario e di lavoro temporaneo al ricorso alla cassa integrazione.
Complessivamente - sulla base di elaborazioni effettuate da una parte sui dati Istat in relazione agli occupati e alle ore lavorate pro-capite e, dall'altra, sulle informazioni dell'INAIL rilevate dagli archivi DNA (Denuncia nominativa assicurati) - è possibile stimare che il tempo di lavoro e, quindi, di esposizione al rischio di infortuni abbia subito una contrazione media generale di circa il 3%, con una forte variabilità a livello territoriale, settoriale e di dimensione aziendale. Una percentuale che fa ragionevolmente ritenere che la riduzione reale degli infortuni sul lavoro, calcolata in termini di incidenza - depurata cioè della componente "perdita di lavoro" - si possa stimare pari a -7% per gli infortuni in generale e a -3,4% per quelli mortali.
"L'effetto della crisi in termini di riduzione degli infortuni sul lavoro di sicuro c'è stato, ma ha riguardato solo una componente minoritaria del fenomeno", valuta Sartori. "Le riduzioni più significative in termini numerici sono, invece, da attribuire all'effettivo miglioramento dei livelli di sicurezza in atto ormai da molti anni nel nostro Paese e vanno interpretate, pertanto, come il risultato delle politiche messe in atto da governi, parti sociali - aziende e sindacati - e da tutti i soggetti che agiscono in materia di prevenzione, a partire certo dall'INAIL. Si tratta, del resto, di un dato in linea con un trend storico consolidato: se analizziamo, infatti, l'andamento infortunistico dal 2002 al 2009 vediamo come gli incidenti complessivi siano diminuiti del 20,4% e i casi mortali del 29%

lunedì 2 agosto 2010

la strage di bologna...PER NON DIMENTICARE!!

IL GOVERNO NON C'ERA ALLLA COMMEMORAZIONE DEI MORTI DELLA STAGE DI BOLOGNA, OGGI ERANO30 ANNI CHE CE STATA LA STRAGE....IL GOVERNO NON C'ERA!!!!!....LA RUSSA INTERVISTATO HA DETTO"NON CI ANDIAMO SE NO LA GENTE CI FISCHIA"....VERGOGNATEVI,SONO PASSATI 30 ANNI ED ANCORA NON SI SA LA VERITA'

legge 66/2003 organizzazione del lavoro

Decreto Legislativo n. 66/2003
Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro.
(Approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri del 4 arpile 2003)
Titolo IDisposizioni generali
Art. 1Finalità e definizioni
1. Le disposizioni contenute nel presente decreto, nel dare attuazione organica alla direttiva n. 93/104/Ce del Consiglio, del 23 novembre 1993, così come modificata dalla direttiva n. 2000/34/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000, sono dirette a regolamentare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, e nel pieno rispetto del ruolo della autonomia negoziale collettiva, i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi alla organizzazione dell'orario di lavoro.
2. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intende per:
a) ´orario di lavoro': qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni;
b) ´periodo di riposo': qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro;
c) ´lavoro straordinario': è il lavoro prestato oltre l'orario normale di lavoro così come definito all'articolo 3 del presente decreto;
d) ´periodo notturno': periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino;
e) ´lavoratore notturno':
- qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
- qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale;
f) ´lavoro a turni': qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane;
g) ´lavoratore a turni': qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni;
h) ´lavoratore mobile': qualsiasi lavoratore impiegato quale membro del personale viaggiante o di volo presso una impresa che effettua servizi di trasporto passeggeri o merci su strada, per via aerea o per via navigabile, o a impianto fisso non ferroviario;
i) ´lavoro offshore': l'attività svolta prevalentemente su una installazione offshore (compresi gli impianti di perforazione) o a partire da essa, direttamente o indirettamente legata alla esplorazione, alla estrazione o allo sfruttamento di risorse minerali, compresi gli idrocarburi, nonché le attività di immersione collegate a tali attività, effettuate sia a partire da una installazione offshore che da una nave;
j) ´riposo adeguato': il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di riposo regolari, la cui durata è espressa in unità di tempo, e sufficientemente lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza della fatica o di altri fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesioni a se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o a lungo termine;
k) ´contratti collettivi di lavoro': contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative.
Art. 2Campo di applicazione
1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/Ce, del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/Ce e dei lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/Ce.
2. Nei riguardi delle forze armate e di polizia, dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli del corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello stato le disposizioni contenute nel presente decreto non trovano applicazione unicamente in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato o di ragioni connesse ai servizi di ordine e sicurezza pubblica, di difesa e protezione civile, nonché degli altri servizi espletati dal corpo nazionale dei vigili del fuoco, così come individuate con decreto del ministro competente, di concerto con i ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica, da emanarsi entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Le disposizioni del presente decreto non si applicano al personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297
4. La disciplina contenuta nel presente decreto si applica anche agli apprendisti maggiorenni.
Titolo IIPrincipi in materia di organizzazione dell'orario di lavoro
Art. 3Orario normale di lavoro
1. L'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali.
2. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno.
Art. 4Durata massima dell'orario di lavoro
1. I contratti collettivi di lavoro stabiliscono la durata massima settimanale dell'orario di lavoro.
2. La durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
3. Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.
4. I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a 12 mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.
5. In caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, attraverso prestazioni di lavoro straordinario, per le unità produttive che occupano più di dieci dipendenti il datore di lavoro è tenuto a informare, alla scadenza del periodo di riferimento di cui ai precedenti commi 3 e 4, la direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per territorio. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire le modalità per adempiere al predetto obbligo di comunicazione.
Art. 5Lavoro straordinario
1. Il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto.
2. Fermi restando i limiti di cui all'articolo 4, i contratti collettivi di lavoro regolamentano le eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario.
3. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le 250 ore annuali.
4. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è inoltre ammesso in relazione a:
a) casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l'assunzione di altri lavoratori;
b) casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
c) eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall'articolo 2, comma 10, della legge 24/12/1993, n. 537, e in tempo utile alle rappresentanze sindacali in aziendali.
5. Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.
Art. 6Criteri di computo
1. I periodi di ferie annue e i periodi di assenza per malattia non sono presi in considerazione ai fini del computo della media di cui all'articolo 4.
2. Nel caso di lavoro straordinario, se il riposo compensativo di cui ha beneficiato il lavoratore è previsto in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva di cui al comma 5 dell'articolo 5, le ore di lavoro straordinario prestate non si computano ai fini della media di cui all'articolo 4.
Titolo IIIPause, riposi e ferie
Art. 7Riposo giornaliero
1. Ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata.
Art. 8Pause
1. Qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.
2. Nelle ipotesi di cui al comma che precede, in difetto di disciplina collettiva che preveda un intervallo a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.
3. Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata i periodi di cui all'articolo 5 rd 10/9/1923, n. 1955 e successivi atti applicativi e dell'articolo 4 del rd 10 settembre 1923, n. 1956 e successive integrazioni.
Art. 9Riposi settimanali
1. Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all'articolo 7.
2. Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:
a) le attività di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di quello della squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero o settimanale;
b) le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;
c) per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le attività discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario;
d) i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 17, comma 4.
3. Il riposo di 24 ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero addetto alle attività aventi le seguenti caratteristiche:
a) operazioni industriali per le quali si abbia l'uso di forni a combustione o a energia elettrica per l'esercizio di processi caratterizzati dalla continuità della combustione e operazioni collegate, nonché attività industriali ad alto assorbimento di energia elettrica e operazioni collegate;
b) attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche;
c) industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di facile deperimento e il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di tre mesi all'anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di lavorazione superiore a tre mesi;
d) i servizi e attività il cui funzionamento domenicale corrisponda a esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità;
e) attività che richiedano l'impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di capitali o ad alta tecnologia;
f) attività di cui all'articolo 7 della legge 22 febbraio 1934, n. 370;
g) attività indicate agli articoli 11, 12, 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
4. Sono fatte salve le disposizioni speciali che consentono la fruizione del riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica nonché le deroghe previste dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370.
5. Con decreto del ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro per la funzione pubblica per quanto coinvolge i pubblici dipendenti, adottato sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, saranno individuate le attività aventi le caratteristiche di cui al comma 3, che non siano già ricomprese nel decreto ministeriale 22 giugno 1935, e successive modifiche e integrazioni, pubblicato nella G.U. n. 161 del 12 luglio 1935, nonché quelle di cui al comma 2, lett. d), salve le eccezioni di cui alle lettere a), b) e c). Con le stesse modalità il ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro per la funzione pubblica per quanto coinvolge i pubblici dipendenti, provvede all'aggiornamento e alla integrazione delle predette attività. Nel caso di cui al comma 2, lett. d), e salve le eccezioni di cui alle lettere a), b), e c) l'integrazione avrà senz'altro luogo decorsi 30 giorni dal deposito dell'accordo presso il ministero stesso. I predetti decreti, per le materie di esclusivo interesse dei dipendenti pubblici, sono adottati dal ministro per la funzione pubblica, di concerto con il ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Art. 10Ferie annuali
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire condizioni di miglior favore.
2. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro.
3. Nel caso di orario espresso come media ai sensi dell'articolo 3, comma 2, i contratti collettivi stabiliscono criteri e modalità di regolazione.
Titolo IVLavoro notturno
Art. 11Limitazioni al lavoro notturno
1. L'inidoneità al lavoro notturno può essere accertata attraverso le competenti strutture sanitarie pubbliche.
2. I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall'obbligo di effettuare lavoro notturno. È in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno:
a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;
b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni;
c) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.
Art. 12Modalità di organizzazione del lavoro notturno e obblighi di comunicazione
1. L'introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta, secondo i criteri e con le modalità previsti dai contratti collettivi, dalla consultazione delle rappresentanze sindacali in azienda, se costituite, aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato dall'impresa. In mancanza, tale consultazione va effettuata con le organizzazioni territoriali dei lavoratori come sopra definite per il tramite dell'associazione cui l'azienda aderisca o conferisca mandato. La consultazione va effettuata e conclusa entro un periodo di sette giorni.
2. Il datore di lavoro, anche per il tramite dell'associazione cui aderisca o conferisca mandato, informa per iscritto i servizi ispettivi della direzione provinciale del lavoro competente per territorio, con periodicità annuale, della esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici, salvo che esso sia disposto dal contratto collettivo. Tale informativa va estesa alle organizzazioni sindacali di cui al comma 1.
Art. 13Durata del lavoro notturno
1. L'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle 24 ore, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite.
2. È affidata alla contrattazione collettiva l'eventuale definizione delle riduzioni dell'orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori notturni. Sono fatte salve le disposizioni della contrattazione collettiva in materia di trattamenti economici e riduzioni di orario per i lavoratori notturni anche se non concesse a titolo specifico.
3. Entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro per la funzione pubblica per quanto coinvolge i pubblici dipendenti, previa consultazione delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative e delle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, viene stabilito un elenco delle lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali, il cui limite è di otto ore nel corso di ogni periodo di 24 ore. Il predetto decreto, per le materie di esclusivo interesse dei dipendenti pubblici, è adottato dal ministro per la funzione pubblica, di concerto con il ministro del lavoro e delle politiche sociali.
4. Il periodo minimo di riposo settimanale non viene preso in considerazione per il computo della media quando coincida con il periodo di riferimento stabilito dai contratti collettivi di cui al comma 1.
5. Con riferimento al settore della panificazione non industriale la media di cui al comma 1 del presente articolo va riferita alla settimana lavorativa.
Art. 14Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno
1. La valutazione dello stato di salute dei lavoratori addetti al lavoro notturno deve avvenire attraverso controlli preventivi e periodici adeguati al rischio cui il lavoratore è esposto, secondo le disposizioni previste dalla legge e dai contratti collettivi.
2. Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa alle rappresentanze sindacali di cui all'articolo 12, un livello di servizi o di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno.
3. Il datore di lavoro, previa consultazione con le rappresentanze sindacali di cui all'articolo 12, dispone, ai sensi degli articoli 40 e seguenti del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per i lavoratori notturni che effettuano le lavorazioni che comportano rischi particolari di cui all'elenco definito dall'articolo 13, comma 3, appropriate misure di protezione personale e collettiva.
4. I contratti collettivi di lavoro possono prevedere modalità e specifiche misure di prevenzione relativamente alle prestazioni di lavoro notturno di particolari categorie di lavoratori, quali quelle individuate con riferimento alla legge 5 giugno 1990, n. 135, e alla legge 26 giugno 1990, n. 162.
Art. 15Trasferimento al lavoro diurno
1. Qualora sopraggiungano condizioni di salute che comportino l'inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche, il lavoratore verrà assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili.
2. La contrattazione collettiva definisce le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al comma precedente e individua le soluzioni nel caso in cui l'assegnazione prevista dal comma citato non risulti applicabile.
Titolo VDisposizioni finali e deroghe
Art. 16Deroghe alla disciplina della durata settimanale dell'orario
1. Fatte salve le condizioni di miglior favore stabilite dai contratti collettivi, sono escluse dall'ambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dell'orario di cui all'art. 3
a) le fattispecie previste dall'art. 4 del rd n. 692/1923 e successive modifiche;
b) le fattispecie di cui al rd n. 1957/1923 e successive modifiche, alle condizioni ivi previste, e le fattispecie di cui agli artt. 8 e 10 del rd n. 1955/1923;
c) le industrie di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in mare che in terra, di posa di condotte e installazione in mare;
d) le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia elencate nella tabella approvata con rd 6 dicembre 1923, n. 2657, e successive modificazioni e integrazioni, alle condizioni ivi previste;
e) i commessi viaggiatori o piazzisti;
f) il personale viaggiante dei servizi pubblici di trasporto per via terrestre;
g) gli operai agricoli a tempo determinato;
h) i giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti dipendenti da aziende editrici di giornali, periodici e agenzie di stampa, nonché quelli dipendenti da aziende pubbliche e private esercenti servizi radiotelevisivi;
i) il personale poligrafico (operai e impiegati) addetto alle attività di composizione, stampa e spedizione di quotidiani e settimanali, di documenti necessari al funzionamento degli organi legislativi e amministrativi nazionali e locali, nonché alle attività produttive delle agenzie di stampa;
j) il personale addetto ai servizi di informazione radiotelevisiva gestiti da aziende pubbliche e private;
k) i lavori di cui all'art. 1 della legge 20/4/1978, n. 154 e all'art. 2 della legge 13/7/1966, n. 559;
l) le prestazioni rese da personale addetto alle aree operative, per assicurare la continuità del servizio, nei settori appresso indicati:
- personale dipendente da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, delle autostrade, dei servizi portuali e aeroportuali, nonché personale dipendente da aziende che gestiscono servizi pubblici di trasporto e da imprese esercenti servizi di telecomunicazione;
- personale dipendente da aziende pubbliche e private di produzione, trasformazione, distribuzione, trattamento ed erogazione di energia elettrica, gas, calore e acqua;
- personale dipendente da quelle di raccolta, trattamento, smaltimento e trasporto di rifiuti solidi urbani;
- personale addetto ai servizi funebri e cimiteriali limitatamente ai casi in cui il servizio stesso sia richiesto dall'autorità giudiziaria, sanitaria o di pubblica sicurezza;
m) personale dipendente da gestori di impianti di distribuzione di carburante non autostradali;
n) personale non impiegatizio dipendente da stabilimenti balneari, marini, fluviali, lacuali e piscinali.
2. Le attività e le prestazioni indicate alle lettere da a) a n) del comma 1 verranno aggiornate e armonizzate con i principi contenuti nel presente decreto legislativo mediante decreto del ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro per la funzione pubblica per quanto concerne i pubblici dipendenti, da adottarsi sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro. Il predetto decreto, per le materie di esclusivo interesse dei dipendenti pubblici, è adottato dal ministro per la funzione pubblica, di concerto con il ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Art. 17Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale
1. Le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 12 e 13 possono essere derogate mediante contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale tra le organizzazioni sindacali nazionali comparativamente più rappresentative e le associazioni nazionali dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di lavoro o, conformemente alle regole fissate nelle medesime intese, mediante contratti collettivi o accordi conclusi al secondo livello di contrattazione.
2. In mancanza di disciplina collettiva, il ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro per la funzione pubblica per quanto coinvolge i pubblici dipendenti, su richiesta delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative o delle associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, adotta un decreto, sentite le stesse parti, per stabilire deroghe agli articoli 4, terzo comma, nel limite dei sei mesi, 7, 8, 12 e 13 con riferimento:
a) alle attività caratterizzate dalla distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza del lavoratore, compreso il lavoro offshore, oppure dalla distanza fra i suoi diversi luoghi di lavoro;
b) alle attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza;
c) alle attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:
1) di servizi relativi all'accettazione, al trattamento o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, comprese le attività dei medici in formazione, da case di riposo e da carceri;
2) del personale portuale o aeroportuale;
3) di servizi della stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica, postali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, antincendio o di protezione civile;
4) di servizi di produzione, di conduzione e distribuzione del gas, dell'acqua e dell'elettricità, di servizi di raccolta dei rifiuti domestici o degli impianti di incenerimento;
5) di industrie in cui il lavoro non può essere interrotto per ragioni tecniche;
6) di attività di ricerca e sviluppo;
7) dell'agricoltura;
8) di lavoratori operanti nel settore del trasporto passeggeri in ambito urbano ai sensi dell'articolo 10, comma 1, punto 14, 2° periodo, del dpr 26 ottobre 1972, n. 633.
d) in caso di sovraccarico prevedibile di attività, e in particolare:
1) nell'agricoltura;
2) nel turismo;
3) nei servizi postali.
e) per personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari:
1) per le attività discontinue;
2) per il servizio prestato a bordo dei treni;
3) per le attività connesse al trasporto ferroviario e che assicurano la regolarità del traffico ferroviario.
f) a fatti dovuti a circostanze estranee al datore di lavoro, eccezionali e imprevedibili o eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili malgrado la diligenza osservata;
g) in caso di incidente o di rischio di incidente imminente.
3. Alle stesse condizioni di cui al comma 2 si può derogare alla disciplina di cui all'articolo 7:
a) per l'attività di lavoro a turni tutte le volte in cui il lavoratore cambia squadra e non può usufruire tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di quello della squadra successiva di periodi di riposo giornaliero;
b) per le attività caratterizzate da periodo di lavoro frazionati durante la giornata, in particolare del personale addetto alle attività di pulizie.
4. Le deroghe previste nei commi che precedono possono essere ammesse soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.
5. Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 12 e 13 del presente decreto legislativo non si applicano ai lavoratori la cui durata dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:
a) di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;
b) di manodopera familiare;
c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose;
d) di prestazioni rese nell'ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro.
6. Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 9 e 13 del presente decreto legislativo non si applicano al personale mobile. Per il personale mobile dipendente da aziende autoferrotranviarie, trovano applicazione le relative disposizioni di cui al rdl 19 ottobre 1923, n. 2328 e alla legge 14 febbraio 1958, n. 138.
7. Il decreto di cui al comma 2, per le materie di esclusivo interesse dei dipendenti pubblici, è adottato dal ministro per la funzione pubblica, di concerto con il ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Art. 18Lavoratori a bordo di navi da pesca marittima
1. Gli articoli 4, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14 e 15 non si applicano ai lavoratori a bordo di navi da pesca marittima.
2. Fatte salve le disposizioni dei contratti collettivi nazionali di categoria, la durata dell'orario di lavoro a bordo delle navi da pesca è stabilita in 48 ore di lavoro settimanali medie, calcolate su un periodo di riferimento di un anno, mentre i limiti dell'orario di lavoro o di quello di riposo a bordo delle navi da pesca sono così stabiliti:
a) il numero massimo delle ore di lavoro a bordo non deve superare:
1. 14 ore in un periodo di 24 ore;
2. 72 ore per un periodo di sette giorni;
ovvero:
b) il numero minimo delle ore di riposo non deve essere inferiore a:
1. 10 ore in un periodo di 24 ore;
2. 77 ore per un periodo di sette giorni.
3. Le ore di riposo non possono essere suddivise in più di due periodi distinti, di cui uno è almeno di sei ore consecutive e l'intervallo tra i due periodi consecutivi di riposo non deve superare le 14 ore.
Art. 19Disposizioni transitorie e abrogazioni
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto il ministro del lavoro e delle politiche sociali, unitamente al ministro per la funzione pubblica per quanto coinvolge i pubblici dipendenti, convoca le organizzazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative al fine di verificare lo stato di attuazione del presente decreto nella contrattazione collettiva.
2. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono abrogate tutte le disposizioni legislative e regolamentari nella materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo, salve le disposizioni espressamente richiamate e le disposizioni aventi carattere sanzionatorio.
3. Per il personale dipendente da aziende autoferrotranviarie, addetto ad attività caratterizzata dalla necessità di assicurare la continuità del servizio, fermo restando quanto previsto dagli articoli 9, comma 5, 16 e 17, restano in vigore le relative disposizioni contenute nel rdl 19 ottobre 1923, n. 2328 e nella legge 14 febbraio 1958, n. 138, in quanto compatibili con le disposizioni del presente decreto legislativo.

domenica 1 agosto 2010

Giorgio Gaber - Qualcuno era comunista

SENTITE QUESTA.....GRANDE GIORGIO GABER!!!!!!

OGGI NIENTE POLITICA...LAZY CAT - WATCHING ME

QUESTO VIDEO E STATO FATTO DA UN NOSTRO COLLEGA, MA SOPRATUTTO LA MUSICA CHE C'E SOTTO E STATA TUTTA REMIXATA DA LUI, OLTRE AD ESSERE UN GRAN COLLEGA ,ED UN DELEGATO IMPEGNATO PER TUTTI, A ANCHE QUESTA DOTE...DI CHI PARLO?...PARLO DI UN COLLEGA CHE SU FACEBOOK HA FORMATO TUTELA LAVORATORI UN GRUPPO NEL QUALE LUI FA MOLTA E MOLTA INFORMAZIONE....E GIUSTO CHE SAPPIATE CHE QUESTA E MUSICA SUA, FATELA GIRARE E VERAMENTE FORTE....OGGI NIENTE NOTIZIE POLITICHE,MA O VOLUTO OMAGGIARE UN COLLEGA PERCHE SE LO MERITA....GRAZIE MARCO