L’ultima mossa di Marchionne, quella di disdire tutti i contratti del gruppo, ha avuto i suoi primi prevedibili effetti, almeno da un punto di vista sindacale. La Fiom è subita passata al contrattacco, proclamando due ore di sciopero e non escludendo il ricorso a quello generale, stavolta potendo contare nella controffensiva sul pieno sostegno della Cgil.
I rapporti fra la categoria e la confederazione tornano così a essere stretti, dopo alcuni mesi di freddezza, seguenti all’accordo interconfederale firmato dalla Camusso assieme a Confindustria e gli altri sindacati il giugno scorso. Tuttavia, in maniera simmetrica, quanto più corso d’Italia si riavvicina ai suoi metalmeccanici, tanto più si allarga il solco con Cisl e Uil.
Per ora quindi si fa più difficile il ritorno all’unità sindacale, che la crisi politica e il governo Monti favorirebbero, almeno da un punto di vista teorico.
La risposta della Fiom alla lettera ostile firmata dal Lingotto non si è fatta attendere.
Del resto il segretario generale Maurizio Landini non poteva fare altrimenti: con lo stralcio di tutti gli accordi e l’estensione del modello Pomigliano a tutti gli stabilimenti del gruppo, i metalmeccanici della Cgil saranno di fatto estromessi dalle fabbriche a partire dal primo gennaio prossimo.
Landini, in una conferenza stampa tenuta assieme al fido responsabile del settore auto Giorgio Airaudo, ha elencato le contromisure che prenderà il suo sindacato: prima di tutto uno sciopero di due ore in tutte le fabbriche, in cui verranno convocate assemblee per spiegare ai lavoratori (anche distribuendo il testo dell’accordo di Pomigliano) a cosa andranno incontro; poi la convocazione straordinaria del Comitato centrale, il parlamentino della Fiom, per martedì prossimo, in cui si valuterà se andare o meno allo sciopero generale; infine il suo sindacato procederà comunque all’elezione dei delegati di fabbrica e alla nomina delle rappresentanze sindacali, preparandosi a denunciare la Fiat per condotta antisindacale qualora non venissero accettate.
Un menu davvero ricco, che ha l’avallo della Cgil. Ieri Susanna Camusso, segretario generale di corso d’Italia, ha stigmatizzato il comportamento della Fiat, accusandola di voler dividere i sindacati: «Ogni volta che si riapre una discussione che potrebbe portare ad una condizione unitaria e positiva interviene rompendo tutte le uova.
Viene sempre il dubbio che ci sia una volontà di distrarre dalla discussione sui temi della politica industriale scaricando tutto in termini di condizione dei lavoratori e di rottura tra le organizzazioni». Ma la leader della Cgil, seguita a ruota da Landini, assegna una parte non piccola di responsabilità per la situazione anche alle altre sigle, Cisl e Uil in testa: «Un grande sindacato confederale non può mai accettare un’azienda che decida di escludere altri sindacati».
Dal canto loro, le organizzazioni guidate da Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti non hanno il minimo dubbio se trattare o meno con la Fiat per la definizione di un nuovo contratto.
Anzi, si sono dette pronte a sedere al tavolo negoziale a partire già dalla prossima settimana. Del resto, Cisl e Uil assieme a Fismic e Ugl sono le sigle che più si sono spese affinché i nuovi contratti flessibili passassero nei referendum di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. Per motivi di diversa linea sindacale rispetto alla Fiom, certo, ma anche per ragioni di semplice concorrenza.
Sta di fatto che la Fiat non ci pensa proprio a riaprire le porte alla Fiom. In serata Marchionne ha ribadito che non c’è possibilità di un passo indietro, perché «è necessario mettere da parte anni di contrattazione aziendale obsoleta».
I rapporti fra la categoria e la confederazione tornano così a essere stretti, dopo alcuni mesi di freddezza, seguenti all’accordo interconfederale firmato dalla Camusso assieme a Confindustria e gli altri sindacati il giugno scorso. Tuttavia, in maniera simmetrica, quanto più corso d’Italia si riavvicina ai suoi metalmeccanici, tanto più si allarga il solco con Cisl e Uil.
Per ora quindi si fa più difficile il ritorno all’unità sindacale, che la crisi politica e il governo Monti favorirebbero, almeno da un punto di vista teorico.
La risposta della Fiom alla lettera ostile firmata dal Lingotto non si è fatta attendere.
Del resto il segretario generale Maurizio Landini non poteva fare altrimenti: con lo stralcio di tutti gli accordi e l’estensione del modello Pomigliano a tutti gli stabilimenti del gruppo, i metalmeccanici della Cgil saranno di fatto estromessi dalle fabbriche a partire dal primo gennaio prossimo.
Landini, in una conferenza stampa tenuta assieme al fido responsabile del settore auto Giorgio Airaudo, ha elencato le contromisure che prenderà il suo sindacato: prima di tutto uno sciopero di due ore in tutte le fabbriche, in cui verranno convocate assemblee per spiegare ai lavoratori (anche distribuendo il testo dell’accordo di Pomigliano) a cosa andranno incontro; poi la convocazione straordinaria del Comitato centrale, il parlamentino della Fiom, per martedì prossimo, in cui si valuterà se andare o meno allo sciopero generale; infine il suo sindacato procederà comunque all’elezione dei delegati di fabbrica e alla nomina delle rappresentanze sindacali, preparandosi a denunciare la Fiat per condotta antisindacale qualora non venissero accettate.
Un menu davvero ricco, che ha l’avallo della Cgil. Ieri Susanna Camusso, segretario generale di corso d’Italia, ha stigmatizzato il comportamento della Fiat, accusandola di voler dividere i sindacati: «Ogni volta che si riapre una discussione che potrebbe portare ad una condizione unitaria e positiva interviene rompendo tutte le uova.
Viene sempre il dubbio che ci sia una volontà di distrarre dalla discussione sui temi della politica industriale scaricando tutto in termini di condizione dei lavoratori e di rottura tra le organizzazioni». Ma la leader della Cgil, seguita a ruota da Landini, assegna una parte non piccola di responsabilità per la situazione anche alle altre sigle, Cisl e Uil in testa: «Un grande sindacato confederale non può mai accettare un’azienda che decida di escludere altri sindacati».
Dal canto loro, le organizzazioni guidate da Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti non hanno il minimo dubbio se trattare o meno con la Fiat per la definizione di un nuovo contratto.
Anzi, si sono dette pronte a sedere al tavolo negoziale a partire già dalla prossima settimana. Del resto, Cisl e Uil assieme a Fismic e Ugl sono le sigle che più si sono spese affinché i nuovi contratti flessibili passassero nei referendum di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. Per motivi di diversa linea sindacale rispetto alla Fiom, certo, ma anche per ragioni di semplice concorrenza.
Sta di fatto che la Fiat non ci pensa proprio a riaprire le porte alla Fiom. In serata Marchionne ha ribadito che non c’è possibilità di un passo indietro, perché «è necessario mettere da parte anni di contrattazione aziendale obsoleta».
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