domenica 30 ottobre 2011
venerdì 28 ottobre 2011
LICENZIAMENTI; BERLUSCONI: SEGUIREMO LA STRADA ICHINO (pd)
«Il nostro obiettivo è incentivare le assunzioni, non i licenziamenti», replica Silvio Berlusconi ad un giornalista che gli chiedeva se ci sarà lo scontro sociale. «Ci siamo impegnati a rendere più efficienti gli strumenti di sostegno al reddito -dice il Presidente del Consiglio - I dipendenti troveranno nello Stato, attraverso la cig, la garanzia di essere remunerati e di avere il tempo di trovare un nuovo lavoro». «La strada - dice su Canale 5- è quella indicata al Senato da un senatore dell'opposizione: il giuslavorista Ichino (pd). Per aumentare la competitività del Paese, anche lui prevede la riforma delle norme sui licenziamenti». E' proprio il caso di dire che abbiamo un'opposizione costruttiva grazie al genio di Valter Weltroni e di Enrico Letta che di fattocondivide gli stessi giudizi del premier
Negozi aperti la sera e di domenica La Regione: «Si parte entro l’anno»
VENEZIA — Sono ore cruciali per il futuro del commercio veneto. Da una parte l’assessore all’Economia, Isi Coppola, decisa a far approvare entro l’anno dal Consiglio regionale il suo disegno di legge già «benedetto» dalla giunta Zaia che raddoppia da 12 a 24 le aperture domenicali e prolunga l’orario dei negozi da 13 a 15 ore al giorno (permesso di vendita dalle 7 alle 22); dall’altra Cgil, Cisl e Uil, «pronte alla lotta». In mezzo l’incontro di ieri a Palazzo Ferro Fini, che ha visto le parti non retrocedere di un millimetro dalle rispettive posizioni, nonostante la mediazione del presidente dell’assemblea Clodovaldo Ruffato, del presidente della commissione Attività produttive Luca Baggio e di diversi consiglieri.
«Siamo molto preoccupati per un’operazione avviata prima dell’approvazione della nuova legge sul commercio, che avrebbe messo finalmente ordine nel settore, e soprattutto in un periodo di crisi, gravato dalla riduzione della capacità di spesa e quindi dei consumi — rivela Maurizia Rizzo della Fisascat Cisl—. Non è vero che di domenica la gente spende di più, i soldi sono sempre quelli, semplicemente può spostare al fine settimana gli acquisti. Ma a quale prezzo? Si impoveriscono i centri storici e si altera il rapporto tra commercio tradizionale e grande distribuzione. Il primo rischia di perdere molti negozi, che non avendo la forza economica di tenere le serrande alzate sette giorni su sette, anche perchè nei festivi la paga dei dipendenti aumenta fino al 50%, sono destinati a chiudere. La seconda paga lo scotto di peggiorare le condizioni di lavoro del personale e la qualità del servizio e di veder aumentare il precariato». L’altro problema è che la maggioranza dei dipendenti del commercio sono donne, spesso madri di famiglia, desiderose di passare la domenica a casa con i propri cari. «E poi non sono supportate da adeguati servizi—osserva Luigino Boscaro, della Uil Tucs—di domenica, e di notte, sono garantiti trasporto pubblico, asili, assistenza agli anziani, uffici pubblici? Quando questa indispensabile rete sarà assicurata, potremo iniziare a parlare anche di vetrine illuminate la domenica. Ma per adesso non si possono calpestare gli interessi dei lavoratori e sconvolgere la cultura di un Paese tradizionalmente legato alle festività».
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| In notturna: negozi aperti dalle 7 alle 22 (Archivio) |
Michela Nicolussi Moro
Colpo di scena: Bonanni vuole fare il sindacalista e minaccia sciopero su licenziamenti facili
Questa sì che è una notizia scoop. Bonanni all'improvviso vuole fare il sindacalista e afferma che "Se il governo dovesse, senza il consenso delle parti sociali modificare l'assetto dei licenziamenti la Cisl andra' allo sciopero". E precisa anche che "Non siamo d'accordo a mettere mano sui licenziamenti, ci sembra una provocazione mentre il Paese ha bisogno di coesione. Infatti finora abbiamo lavorato per la cassa integrazione in deroga e questo discorso porta alla rottura della coesione". Coesione con chi? Finora Bonanni la coesione l'ha trovata solo con il suo Governo amico per ridurre i diritti dei lavoratori, a partire da Pomigliano. Ma evidentemente il Governo si è spinto troppo in là e Bonanni sa bene che anche i suoi iscritti non possono certo stare lì fermi a farsi massacrare mentre il loro leader cerca di convinverli del contrario.
mercoledì 26 ottobre 2011
DILIBERTO "Governo tecnico? Sono pazzi. Altro che autunno caldo"
Continuo a non credere che la Lega terrà il punto sulle pensioni. E’ una scena che ho visto troppe volte ed ogni volta Bossi ha piegato la testa. Ma mi pare del tutto evidente che se ci fosse la crisi le elezioni sarebbero obbligate. Con chi pensano di fare il governo tecnico? Con tutti quelli che al momento non si sono pronunciati
sull’innalzamento dell’età pensionabile oppure lo hanno appoggiato calorosamente in nome della responsabilità? Pensano di imbarcare Casini e Fini e lasciare fuori tutti gli altri? Sono pazzi, non si rendono conto di quel che succederebbe nel Paese. Roba da far impallidire l’autunno caldo.
martedì 25 ottobre 2011
MESSAGGIO PER TUTTI GLI ITALIANI ONESTI
MESSAGGIO PER TUTTI GLI ITALIANI ONESTI : IL MINISTRO GIULIO TREMONTI CHIEDE DI AUMENTARE L'ETA' DELLE PENSIONI PERCHE' IN EUROPA TUTTI LO FANNO. NOI ITALIANI, POPOLO SOVRANO (ESILIATO IN CASA), CHIEDIAMO, DI ARRESTARE TUTTI I POLITICI CORROTTI PERCHÉ IN EUROPA TUTTI LO FANNO. CHIEDIAMO ANCHE DI DIMEZZARE GLI STIPENDI E I PRIVILEGI AI PARLAMENTARI E AI SENATORI, PERCHE' IN EUROPA NESSUNO GUADAGNA COME LORO. COPIA E INCOLLA SENZA PIETA' !
domenica 23 ottobre 2011
congresso pdci di roma:fabio nobile confermato segretario
R
oma, 23 ott. - (Adnkronos) - Si e' concluso nella serata di ieri il VI Congresso romano del Partito dei Comunisti Italiani, intitolato ''Ricostruire il Partito comunista, unire la sinistra'': una due giorni di interventi e riflessioni in vista del congresso nazionale che si terra' a Rimini la prossima settimana.Alla presenza del segretario nazionale del Pdci, Oliviero Diliberto, e di numerosi ospiti delle realta' sindacali e politiche della sinistra capitolina, gli oltre 120 delegati hanno votato il documento politico nazionale ed i nuovi organismi della federazione cittadina. All'unanimita' e' stato riconfermato nel ruolo di segretario Fabio Nobile.
sabato 22 ottobre 2011
Aperture domenicali, “scorrettezze di alcuni sindaci”
LECCE - Continua la bufera sulle aperture domenicali dei negozi di Lecce e dei grandi commerciali di Cavallino, Surbo e San Cesario, dopo il contro ordine, giunto dall'amministrazione di Palazzo Carafa, di tenere aperte le saracinesche domenica 23 ottobre.
Per i sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil, il settore necessita di una regolamentazione perchè "le aperture a macchia di leopardo e la flessibilità selvaggia, finiranno con l’affermare una concorrenza sleale tra le aziende e una penalizzazioni dei lavoratori del settore, costretti a sacrificare gli spazi di vita propri e della famiglia”.
Ricordiamo infatti, che la legge regionale sul commercio del 2003, impone la chiusura degli esercizi la domenica, salvo eccezioni stablite da calendario. I segretari delle tre sigle, hanno inviato una lettera al prefetto di Lecce, Giuliana Perrotta e alla vice presidente regionale, Loredana Capone, per richiede un intervento regolatore urgente, a partire dalla piena condivisione di "una flessibilità contrattata e regolata delle aperture", per venire incontro alle esigenze dei consumatori e per lo sviluppo del settore.
Le organizzazioni sindacali hanno, però, posto un problema riguardo alla “condotta di alcuni sindaci", in particolare del Comune di Cavallino che, nel corso dei tavoli di concertazione che si sono tenuti negli anni (l'ultimo, proprio ieri), "ha voluto segnare le differenze, non partecipando mai alla discussione e adottando provvedimenti a dir poco scorretti”.
Cgil, Cisl e Uil ritengono "inammissibile che un modo di agire, scevro da regole, rischi di imperare su chi invece accetta un confronto con le parti sociali concordandone le decisioni”. Per questo chiedono a prefetto e Regione di intervenire “affinché si riconduca ogni scelta alle amministrazioni comunali interessate a comportamenti rispettosi della legge”.
Secondo i sindacati, le due istituzioni devono ora promuovere un incontro con le parti sociali, al fine di “evitare conflitti giuridici e sociali”.
Per i sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil, il settore necessita di una regolamentazione perchè "le aperture a macchia di leopardo e la flessibilità selvaggia, finiranno con l’affermare una concorrenza sleale tra le aziende e una penalizzazioni dei lavoratori del settore, costretti a sacrificare gli spazi di vita propri e della famiglia”.
Ricordiamo infatti, che la legge regionale sul commercio del 2003, impone la chiusura degli esercizi la domenica, salvo eccezioni stablite da calendario. I segretari delle tre sigle, hanno inviato una lettera al prefetto di Lecce, Giuliana Perrotta e alla vice presidente regionale, Loredana Capone, per richiede un intervento regolatore urgente, a partire dalla piena condivisione di "una flessibilità contrattata e regolata delle aperture", per venire incontro alle esigenze dei consumatori e per lo sviluppo del settore.
Le organizzazioni sindacali hanno, però, posto un problema riguardo alla “condotta di alcuni sindaci", in particolare del Comune di Cavallino che, nel corso dei tavoli di concertazione che si sono tenuti negli anni (l'ultimo, proprio ieri), "ha voluto segnare le differenze, non partecipando mai alla discussione e adottando provvedimenti a dir poco scorretti”.
Cgil, Cisl e Uil ritengono "inammissibile che un modo di agire, scevro da regole, rischi di imperare su chi invece accetta un confronto con le parti sociali concordandone le decisioni”. Per questo chiedono a prefetto e Regione di intervenire “affinché si riconduca ogni scelta alle amministrazioni comunali interessate a comportamenti rispettosi della legge”.
Secondo i sindacati, le due istituzioni devono ora promuovere un incontro con le parti sociali, al fine di “evitare conflitti giuridici e sociali”.
(venerdì 21 ottobre 2011)
mercoledì 19 ottobre 2011
DASPO ARRESTI IN DIFFERITA....ECCO IL DOPO 15 OTTOBRE
| di Giorgio Scura ROMA - Daspo, arresti in differita, garanzie patrimoniali per manifestare, ma anche fermi preventivi. Scatenano un vespaio di polemiche le parole del ministro dell’Interno Roberto Maroni che ieri ha riferito alla Camera sui recenti scontri di Roma. Sabato «c’era l’intenzione di assaltare le sedi delle istituzioni repubblicane, Camera e Senato» dice il capo del Viminale, che poi rincara la dose, volevano il morto: «C’era la volontà di ricreare l’incidente che è avvenuto a Genova, e grazie alla professionalità delle forze dell’ordine è stato impedito». Il governo Berlusconi conferma così la linea dura, che si traduce in una stretta sulle manifestazioni, in particolare sull’esigenza di avere leggi che consentano «di effettuare azioni di prevenzione nei confronti dei violenti». Poi c’è «l’obbligo per gli organizzatori di prestare idonee garanzie patrimoniali per gli eventuali danni provocati nel corso delle manifestazioni» e ancora l’arresto in «flagranza differita», Daspo anche per i cortei e uno specifico reato associativo per chi esercita violenza aggravata. Questa la ricetta di Maroni per bloccare quello che lui definisce «terrorismo urbano». Certo, servono risorse: «Ho chiesto al Consiglio dei ministri di venerdì - dice ancora Maroni - di azzerare i tagli al ministero dell’Interno nei prossimi anni. Il ministero dell’Economia stanzierà 60 milioni di euro entro il 2011». Gli incappucciati «erano 3000 e hanno oscurato la protesta di migliaia persone che volevano solo manifestare», ha detto, ma non c’era «nessun black bloc proveniente dall’estero». Poi il dato sulle forze in campo: «Complessivamente in 24 ore sono state impiegate tremila unità di polizia, carabinieri e guardia di finanza, coordinate da 107 funzionari della polizia di Stato». Il conto dei danni di sabato: «Circa cinque milioni di euro». Maroni punta anche il dito sui responsabili, l’area anarchica e fa anche i nomi: Acrobax, Rash, gli ultras romanisti Fedayn, i disoccupati organizzati napoletani. E il paragone con la Val di Susa getta un carico di tensione ulteriore sull’imminente manifestazione: «La protesta No Tav di sabato prossimo è un laboratorio ideale per sperimentare le pratiche di guerriglia in previsione di un autunno caldo». |
una mia riflessione sul 15 ottobre...
IL 15 ottobre io ero presente alla manifestazione degli indignati, perche' come padre come lavoratore e come cittadino, mi sento indignato per non dire INCAZZATO!!!....
Posso testimoniare come manifestante pacifico , che quel gruppo era composto non di mille persone come dicono i media, ma erano meno di cento...questo non vuol dire che condivido la violenza inaudita che hanno usato,anzi la condanno pienamente.
La domanda che mi sto facendo in questi giorni e chi erano?...chi li ha mandati?...e sopratutto chi li a addestrati, perche' per come si sono mossi e come hanno agito si vedeva lontano un miglio che erano ben addestrati e ben coordinati...e su questo dei seri dubbi mi vengono.
Quello che mi fa indignare ancora di piu' e che questi idioti, squadristi, o come volete chiamarli sono riusciti nel loro intento di guastare una manifestazione popolare che si stava svolgendo magnificamente , e in cui si erano riuniti molti gruppi, coordinamenti, comitati, c'erano tutti, pensionati, lavoratori, giovani, studenti e precari, tutti uniti a gridare che questa crisi non la vogliamo pagare e che vogliamo che il governo ascolti la voce del popolo invece di decidere tutto in quei palazzi del potere in cui sono rintanati...gli idioti o squadristi, sono riusciti a cancellare il motivo stesso della manifestazione.
ce ne siamo resi conto il giorno dopo ...sui giornali si parlava solo dei scontri dei danni fatti e dei soliti TERRORISTI DI SINISTRA....IL VERO SENSO DELLA MANIFESTAZIONE NONE NE ANCHE STATO STATO ACCENNATO.
IL RISULTATO ORA E CHE IL GOVERNO SOGGHIGNA COMPIACIUTO PER I FATTI DEL 15 OTTOBRE, E INVECE DI DECIDERE DI RIMETTERE MANO ALLA FINANZIARIA E TROVARE UN MODELLO DI SVILUPPO PER IL NOSTRO PAESE, RIESCE TRAMITE IL MINISTRO MARONI A TROVARE 60 MILIARDI PER L'ORDINE PUBBLICO....QUEI 60 MILIARDI NON POTEVANO ESSERE USATI IN ALTRI MODI?...E LE LEGGI CHE VOGLIONO FARE?...VOGLIONO PRIVARCI DELLA LIBERTA' DI MANIFESTARE, GIA' IL SINDACO DI ROMA NON CONCEDERA' PIU' PERMESSI PER MANIFESTAZIONI DI MASSA, I PRIMI A PAGARE DAZIO SARANNO I COMPAGNI DELLA FIOM A CUI NON E STATA DATA L'AUTORIZZAZIONE DI MANIFESTARE , MA SOLO UN PERMESSO DI FARE UN SIT -IN.
NOI MANIFESTANTI PACIFICI DOBBIAMO CONTINUARE COMUNQUE E OVUNQUE LA NOSTRA INDIGNAZIONE...TROVEREMO ALTRE STRADE PACIFICHE E DEMOCRATICHE....MA ATTENZIONE AGLI INFILTRATI!!!....
RESISTERE...RESISTERE...RESISTERE...RESISTIAMO TUTTI!!!!!
Posso testimoniare come manifestante pacifico , che quel gruppo era composto non di mille persone come dicono i media, ma erano meno di cento...questo non vuol dire che condivido la violenza inaudita che hanno usato,anzi la condanno pienamente.
La domanda che mi sto facendo in questi giorni e chi erano?...chi li ha mandati?...e sopratutto chi li a addestrati, perche' per come si sono mossi e come hanno agito si vedeva lontano un miglio che erano ben addestrati e ben coordinati...e su questo dei seri dubbi mi vengono.
Quello che mi fa indignare ancora di piu' e che questi idioti, squadristi, o come volete chiamarli sono riusciti nel loro intento di guastare una manifestazione popolare che si stava svolgendo magnificamente , e in cui si erano riuniti molti gruppi, coordinamenti, comitati, c'erano tutti, pensionati, lavoratori, giovani, studenti e precari, tutti uniti a gridare che questa crisi non la vogliamo pagare e che vogliamo che il governo ascolti la voce del popolo invece di decidere tutto in quei palazzi del potere in cui sono rintanati...gli idioti o squadristi, sono riusciti a cancellare il motivo stesso della manifestazione.
ce ne siamo resi conto il giorno dopo ...sui giornali si parlava solo dei scontri dei danni fatti e dei soliti TERRORISTI DI SINISTRA....IL VERO SENSO DELLA MANIFESTAZIONE NONE NE ANCHE STATO STATO ACCENNATO.
IL RISULTATO ORA E CHE IL GOVERNO SOGGHIGNA COMPIACIUTO PER I FATTI DEL 15 OTTOBRE, E INVECE DI DECIDERE DI RIMETTERE MANO ALLA FINANZIARIA E TROVARE UN MODELLO DI SVILUPPO PER IL NOSTRO PAESE, RIESCE TRAMITE IL MINISTRO MARONI A TROVARE 60 MILIARDI PER L'ORDINE PUBBLICO....QUEI 60 MILIARDI NON POTEVANO ESSERE USATI IN ALTRI MODI?...E LE LEGGI CHE VOGLIONO FARE?...VOGLIONO PRIVARCI DELLA LIBERTA' DI MANIFESTARE, GIA' IL SINDACO DI ROMA NON CONCEDERA' PIU' PERMESSI PER MANIFESTAZIONI DI MASSA, I PRIMI A PAGARE DAZIO SARANNO I COMPAGNI DELLA FIOM A CUI NON E STATA DATA L'AUTORIZZAZIONE DI MANIFESTARE , MA SOLO UN PERMESSO DI FARE UN SIT -IN.
NOI MANIFESTANTI PACIFICI DOBBIAMO CONTINUARE COMUNQUE E OVUNQUE LA NOSTRA INDIGNAZIONE...TROVEREMO ALTRE STRADE PACIFICHE E DEMOCRATICHE....MA ATTENZIONE AGLI INFILTRATI!!!....
RESISTERE...RESISTERE...RESISTERE...RESISTIAMO TUTTI!!!!!
formazione dei lavoratori
E’ in fase di conclusione l’iter che porterà alla pubblicazione l’accordo Stato Regioni per la formazione dei RSPP (Datori di Lavoro) e dei Lavoratori così come previsto dal D.Lgs 81/2008. Riportiamo una sintesi dei punti più salienti dell’accordo.
NOTA: QUANTO SEGUE E’ STATO ESTRATTO DALLA BOZZA DI ACCORDO PRODOTTA DAL TAVOLO TECNICO INTERCOORDINAMENTI PER LA FORMAZIONE ALLA SALUTE E ALLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO. TALE BOZZA POTREBBE SUBIRE ULTERIORI MODIFICHE PRIMA DELLA PUBBLICAZIONE FINALE NELLA GAZZETTA UFFICIALE. (Aggiornamento del 12/07/2011)
FORMAZIONE DATORI DI LAVORO
CORSI
Per quanto riguarda la formazione dei datori di lavoro che svolgono direttamente i compiti di RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione), la nuova disciplina sostituisce le indicazioni dell’articolo 3 del Decreto Ministeriale 16 gennaio 1997, introducendo obblighi di aggiornamento (art.7) quinquennali (di 8, 12 e 16 ore in base a tre livelli di rischio: basso, medio, e alto individuato in funzione del Settore Ateco di appartenenza dell’azienda).
I corsi sono articolati in tre differenti livelli di rischio:
basso (durata minima di 16 ore);
medio (32 ore);
alto (48 ore).
Si veda l'allegato 2 per individuare i livelli di rischio in funzione dei codici ATECO
REQUISITI DEI DOCENTI
Devono possedere una esperienza almeno triennale di docenza o insegnamento o professionale in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
UTILIZZO DELLA FORMAZIONE A DISTANZA (FAD)
E’ consentita esclusivamente per i corsi di aggiornamento e per i moduli 1 (Normativo) e 2 (Gestionale) sulla base dei criteri e delle condizioni di cui all'allegato 1.
CREDITI FORMATIVI
Non sono tenuti a frequentare il corso di formazione di cui al punto 5 del presente accordo coloro che dimostrino di aver svolto, alla data di pubblicazione del presente accordo, una formazione con contenuti conformi all’articolo 3 del D.M. 16/01/97. Per tali soggetti, così come indicato al comma 3 dell’articolo 34, è previsto l’obbligo di aggiornamento secondo le modalità indicate al punto 7 del presente accordo. Non sono tenuti a frequentare il corso di formazione di cui al punto 5 del presente accordo i datori di lavoro in possesso dei requisiti per svolgere i compiti di Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione ai sensi dell’articolo 32, commi 2, 3 e 5 del D.Lgs. n. 81/2008, che abbiano svolto i corsi secondo quanto previsto dall’accordo sancito il 26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, n. 37, del 14 febbraio 2006, e successive modificazioni. Tale esonero è ammesso nel caso di corrispondenza tra il settore Ateco per cui si è svolta la formazione di RSPP e quello in cui si esplica l’attività di datore di lavoro.
ADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI FORMATIVI IN CASO DI ESERCIZIO DI NUOVA ATTIVITA’
Al fine di consentire la piena ed effettiva attuazione degli obblighi di cui al presente accordo, in coerenza con la previsione in materia di valutazione dei rischi di cui all’articolo 28, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 81/2008, in caso di inizio di nuova attività il datore di lavoro che intende svolgere, nei casi previsti dal decreto stesso, i compiti propri del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi deve completare il percorso formativo di cui al presente accordo entro e non oltre novanta giorni dalla data di inizio della propria attività.
FORMAZIONE LAVORATORI, PREPOSTI E DIRIGENTI
La formazione dei lavoratori, si articola in due momenti distinti: formazione generale (con programmi e durata comuni per i diversi settori di attività) e formazione specifica, in relazione al rischio effettivo in azienda. (rilevato in funzione del settore ATECO di appartenenza) Si veda allegato 2
Durata minima complessiva dei corsi di formazione per i lavoratori, in base alla classificazione dei settori di rischio:
4 ore di Formazione Generale + 4 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio basso: TOTALE 8 ore
4 ore di Formazione Generale + 8 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio medio: TOTALE 12 ore
4 ore di Formazione Generale + 12 ore di Formazione Specifica per i settori della classe di rischio alto: TOTALE 16 ore
Condizioni particolari
I lavoratori di aziende a prescindere dal settore di appartenenza, che non svolgano mansioni che comportino la loro presenza, anche saltuaria, nei reparti produttivi, possono frequentare i corsi individuati per il rischio basso.
REQUISITI DEI DOCENTI
Devono possedere una esperienza almeno triennale di docenza o insegnamento o professionale in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
UTILIZZO DELLA FORMAZIONE A DISTANZA (FAD)
Sulla base dei criteri e delle condizioni di cui all’Allegato 1 l’utilizzo delle modalità di apprendimento e-Learning è consentito per:
• la formazione generale per i lavoratori;
• la formazione dei dirigenti;
• i corsi di aggiornamento previsti al punto 9 del presente accordo;
• la formazione dei preposti, con riferimento ai punti da 1 a 5 del punto 5 che segue;
FORMAZIONE PARTICOLARE AGGIUNTIVA PER IL PREPOSTO
La formazione del preposto, così come definito dall’articolo 2, comma 1, lettera de), del D.Lgs. n. 81/2008, deve comprendere quella per i lavoratori, così come prevista ai punti precedenti e deve essere integrata da una formazione particolare, in relazione ai compiti da lui esercitati in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
La durata minima del modulo per preposti è di 8 ore
6. FORMAZIONE DEI DIRIGENTI
La formazione dei dirigenti, così come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera d), del D. Lgs. n. 81/2008, in riferimento a quanto previsto all’articolo 37, comma 7, del D. Lgs. n. 81/2008 e in relazione agli obblighi previsti all’articolo 18 sostituisce integralmente quella prevista per i lavoratori
La durata minima del modulo per dirigenti è di 16 ore
8. CREDITI FORMATIVI
Il modulo di formazione generale, rivolto ai soggetti di cui ai punti 4 (lavoratori) e 5 (preposti), costituisce credito formativo permanente.
Con riferimento alle fattispecie di cui all’articolo 37, comma 4, si riconoscono crediti formativi nei seguenti casi:
a. Costituzione di un nuovo rapporto di lavoro o inizio nuova utilizzazione in caso di somministrazione, e segnatamente:
qualora il lavoratore vada a costituire un nuovo rapporto di lavoro o di somministrazione con un’azienda dello stesso settore produttivo cui apparteneva quella d’origine o precedente, costituisce credito formativo sia la frequenza alla Formazione Generale, che la Formazione Specifica di settore.;
qualora il lavoratore vada a costituire un nuovo rapporto di lavoro o di somministrazione con un’azienda di diverso settore produttivo rispetto a quello cui apparteneva l’azienda d’origine o precedente, costituisce credito formativo la frequenza alla Formazione Generale; la Formazione Specifica relativa al nuovo settore deve essere ripetuta
b. Trasferimento o cambiamento di mansioni, introduzione di nuove attrezzature, nuove tecnologie, nuove sostanze o preparati pericolosi:
è riconosciuto credito formativo relativamente alla frequenza della Formazione Generale, mentre devono essere ripetuti Formazione Specifica e Addestramento.
La formazione particolare e aggiuntiva per i preposti costituisce credito formativo permanente salvo nei casi in cui si sia determinata una modifica del suo rapporto di preposizione nell’ambito della stessa o di altra azienda.
Il datore di lavoro è comunque tenuto a valutare la formazione pregressa ed eventualmente ad integrarla sulla base del proprio documento di valutazione dei rischi e in funzione della mansione che verrà ricoperta dal lavoratore assunto.
In ogni caso si ribadisce che i crediti formativi per la formazione specifica hanno validità fintanto che non intervengono cambiamenti così come stabilito dai commi 4 e 6 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/2008.
La formazione specifica per i dirigenti costituisce credito formativo permanente.
9. AGGIORNAMENTO
Per i lavoratori è’ previsto un aggiornamento quinquennale, con durata minima di 8 ore, per tutti e tre i livelli di rischio sopra individuati.
Con riferimento ai preposti, come indicato al comma 7 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/2008, si prevede un aggiornamento quinquennale, con durata minima di 8 ore, in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
Con riferimento ai dirigenti, come indicato al comma 7 dell’articolo 37 del D.Lgs. n. 81/2008, si prevede un aggiornamento quinquennale, con durata minima di 8 ore, in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro
10. DISPOSIZIONI TRANSITORIE
Al fine di consentire la piena ed effettiva attuazione degli obblighi di cui al presente accordo, unicamente in sede di prima applicazione, i datori di lavoro sono tenuti ad avviare i lavoratori, i dirigenti, i preposti a corsi di formazione di contenuto rispettivamente coerente con le disposizioni di cui al presente accordo in modo che i medesimi corsi vengano conclusi entro e non oltre il termine di 12 mesi dalla pubblicazione del presente accordo. Il personale di nuova assunzione deve essere avviato ai rispettivi corsi di formazione anteriormente o, se ciò non risulta possibile, contestualmente all’assunzione. In tale ultima ipotesi, ove non risulti possibile completare il corso di formazione prima della adibizione del dirigente, del preposto o del lavoratore alle proprie attività, il relativo percorso formativo deve essere completato entro e non oltre 90 giorni dalla assunzione.
a) Formazione dei lavoratori e dei preposti.
Nel rispetto di quanto previsto al punto 8 del presente accordo e, fermo restando l’obbligo di aggiornamento di cui al punto 9, non sono tenuti a frequentare i corsi di formazione di cui al punto 4 i lavoratori ed i preposti per i quali i datori di lavoro possano documentare di aver svolto, alla data di pubblicazione del presente accordo, una formazione nel rispetto delle previsioni normative e delle indicazioni previste nei contratti di lavoro sia per quanto riguarda durata, contenuti e modalità di svolgimento.
L’obbligo di aggiornamento per lavoratori e preposti, per i quali la formazione sia stata erogata da più di 5 anni dalla data di pubblicazione del presente accordo, dovrà essere ottemperato entro 24 mesi.
In ogni caso la formazione particolare ed aggiuntiva di cui al punto 5 dovrà concludersi entro e non oltre il termine di 12 mesi dalla pubblicazione del presente accordo.
b) Formazione dei dirigenti.
Fermo restando l’obbligo di aggiornamento di cui al punto 9, non sono tenuti a frequentare il corso di formazione di cui al punto 6 i dirigenti che dimostrino di aver svolto, alla data di pubblicazione del presente accordo, una formazione con contenuti conformi all’art. 3 del D.M. 16/01/1997 effettuata dopo il 14 agosto 2003 o a quelli del Modulo A per ASPP e RSPP previsto nell’accordo Stato Regioni del 26 gennaio 2006, pubblicato su GU n. 37 del 14 febbraio 2006.
ALLEGATO 1 (Sintesi)
Sede e strumentazione
La formazione può svolgersi presso la sede del soggetto formatore, presso l’azienda o presso il domicilio del partecipante, purché le ore dedicate alla formazione vengano considerate orario di lavoro effettivo.
Tutor
Deve essere garantito un esperto (tutor o docente) a disposizione per la gestione del percorso formativo.
Tale soggetto deve essere in possesso di esperienza almeno triennale di docenza o insegnamento o professionale in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro maturata nei settori pubblici o privati.
Valutazione
Devono essere previste prove di autovalutazione, distribuite lungo tutto il percorso. Le prove di valutazione “in itinere” possono essere effettuate (ove tecnologicamente possibile) in presenza telematica. La verifica di apprendimento finale va effettuata in presenza. Delle prove e della verifica finale deve essere data presenza agli atti dell’azione formativa.
Durata
Deve essere possibile memorizzare i tempi di fruizione (ore di collegamento) ovvero dare prova che l’intero percorso sia stato realizzato.
La durata della formazione deve essere validata dal tutor e certificata dai sistemi di tracciamento della piattaforma per l’e-Learning.
Materiali
Deve essere garantita la possibilità di ripetere parti del percorso formativo secondo gli obiettivi formativi, purché rimanga traccia di tali ripetizioni in modo da tenerne conto in sede di valutazione finale, e di effettuare stampe del materiale utilizzato per le attività formative.
L’accesso ai contenuti successivi deve avvenire secondo un percorso obbligato (che non consenta di evitare una parte del percorso).
lunedì 17 ottobre 2011
15 OTTOBRE: APPROFONDIRE E NON SCHEMATIZZARE
Approfondire e non schematizzare, questo quanto possiamo dire per avere una visione chiara su quello che è successo il 15 ottobre.
Forniamo un ampio stralcio delle prese di posizione molto ben fatto da carta.org,CONTROLACRISI.ORG
La giornata romana del 15 ottobre è stata complessa. Diversi scenari si sono sovrapposti, differenti soggetti hanno interagito, si sono scontrati talvolta duramente, hanno provato a delineare la propria tattica o magari hanno sottolineato la mancanza di una visione strategica più ampia.
In questi casi, conviene sempre diffidare di chi fornisce rappresentazioni schematiche, di chi disegna scenari nitidi e propugna visioni manichee: buoni-cattivi, infiltrati-manifestanti, teppisti-indignati. Per questo, per mantenere la lucidità e non affogare nella retorica, non bruciare nel fuoco di paglia dell’entusiasmo o perdersi nel vortice della depressione, abbiamo scelto di raccogliere qui alcune voci dalla e sulla piazza. Una narrazione polifonica e per certi versi contraddittoria. Si tratta infatti di opinioni parziali [di parte], di punti di vista scelti in maniera arbitraria e da fonti eterogenee, tentando di affiancare diversi tasselli di un mosaico ancora in corso d’opera.
Questa pagina verrà di volta in volta aggiornata con altri spunti di riflessione.
«[...] Se togli il futuro a una generazione, non puoi aspettarti che questa se ne stia con le braccia conserte a lasciarti fare.C’è chi ha la lucidità di capire dove e di chi sono le responsabilità di cosa succede [vedi, tra gli altri, i geniali Draghi Ribelli che nei giorni precedenti il 15 hanno occupato via Nazionale riuscendo a far velere senza la violenza e la distruzione i loro contenuti e le loro ragioni] e chi invece riversa in una cieca violenza il proprio modo di reagire all’assenza di prospettive. Non c’è giustificazione per quanto è successo, ma non giustificare non significa non cercare di capire cosa è successo ieri in piazza e perchè. E allora, riprendo qui una parte della lucidissima analisi di Salvo Leonardi: ‘Come mai, quando a fracassare tutto sono i giovani ribelli delle periferie francesi o inglesi non si risparmiano gli attestati di simpatia politica e sociologica – organizzando workshops accademici e nei centri sociali [con tanto di citazioni dai ‘subaltern studies’] - e se poi qui da noi qualcuno li prende sul serio e pensa di emularli o sono teste di cazzo o fascisti infiltrati?’ Fa comodo, alleggerisce le coscienze, pensare che sono teste di cazzo, fascisti e infiltrati[...]».
Emanuele Toscano, ricercatore universitario, dal suo blog
«Ritenevamo quanto accaduto oggi quasi inevitabile, insito nella cornice stessa scelta in Italia per aderire al 15 Ottobre planetario: il Grande Corteo Nazionale anziché l’essere ovunque ['Occupy Everything'] che i movimenti praticano nel mondo, e che hanno praticato anche oggi ['962 città in 85 paesi' significa una media di 11 città per paese, mentre da noi si è scelto di convergere quasi tutti in un solo punto, il solito, con tutte le implicazioni del caso]. E’ una riflessione che abbiamo ripetuto molte volte, fino ad annoiare noi stessi e gli altri. Prima del “#15ott” c’è stato il ’14dic’, e prima ancora il G8 etc. Oggi quelle critiche abbiamo zero voglia di riproporle, perché quando c’è chi rischia la vita in strada la priorità è essere solidali. Il ‘ve l’avevo detto’ è reazionario e anche un po’ infame. ‘Dire’ non serve se non si convince. Oggi si può solo esprimere solidarietà a chi ha subito la repressione, e a chi ha subito la situazione [...]».
Wu Ming 1, su Giap!, il blog di Wu Ming che ha offerto il suo spazio prima a un’interessante esperimento di narrazione collettiva – via Twitter – del corteo del 15 ottobre e poi a una densa discussione su quanto è accaduto. Trovate tutto qui.
«Io non faccio la spia, e i conti preferisco regolarli dentro casa. Ma quei ragazzi incappucciati che hanno fatto gli scontri sono i nostri figli e fratelli minori. Sono ragazzi arrabbiati e disperati ai quali non basta la sponda politica che noi cerchiamo di offrire. E se la politica non cambia, se neppure il movimento antagonista riesce a individuare una prospettiva credibile, lo scenario purtroppo è e sarà questo»
Andrea Tarzan Alzetta, consigliere comunale a Roma di Action, al Corriere della Sera del 16 ottobre
«[...] Quanti erano? Il gruppone che ho visto io era composto di cento, al massimo 150 persone, in apparenza tutti maschi, tutti coi caschi e i volti coperti da fazzoletti, alcuni coi bastoni. Non so se ce n’erano altri in giro. Ma quelli che hanno fatto il casino immenso in piazza San Giovanni, lato via Emanuele Filiberto, non erano più di 150: a esagerare. Poi è iniziata la controcarica dei mezzi della polizia e quelli sono scappati [...]».
Alessandro Gilioli, giornalista de L’Espresso, sul suo blog ‘Piovono Rane‘
«Tra la devastazione nichilista e il pacifismo di maniera una via alternativa deve esserci. Pratiche nonviolente al di fuori della legalità, io non vedo altre strade. Blocco delle vie di comunicazione e delle merci, disobbedienza civile, autoriduzioni, insolvenza. Nulla di nuovo e nulla di violento».
Marco Arturi, Fiom Torino ed eno-dissidente, dalla sua pagina Facebook
«[...] Quello che è accaduto ieri deve aprirci gli occhi e la mente. Non si può continuare a fare politica con le vecchie ricette. Ci dovranno essere cambiamenti anche nelle lotte sul lavoro e nel sindacato, e nella politica economica. Per concludere, vorrei ricordare che dopo il discorso di Sarteano anche un banchiere come Mario Draghi ha detto di capire le ragioni degli indignati. Forse siamo all’inizio di una nuova epoca».
Valentino Parlato, editoriale su il manifesto del 16 ottobre, potete leggerlo qui
«[...] La questione principale è un’altra. E’ la questione delle pratiche. Che devono essere condivise. Non si parassita un corteo che ha altri obiettivi e convocato con altre pratiche, non gli si impone la propria minoritaria presenza. Questa è la violenza peggiore. Imporre agli altri le proprie pratiche. Prendendo la testa in 300 di una manifestazione di 300mila persone e segnando il destino di quella manifestazione. E’ una questione di democrazia. Sommamente significativo che il grosso dei No Tav – i temibili valsusini! – li hanno contestati. In Val di Susa, per dire, nessuno era andato a dire che queste erano la pratiche della giornata [...]».
Marco Rovelli, scrittore e musicista, su Nazione Indiana. Il suo intervento integrale si trova qui
«[...] Il sistema non è mai stato tanto debole, indipendentemente da noi [...] credo che sia sempre meglio essere sconfitti tentando il nuovo che continuando ad organizzare manifestazioni per i black bloc e i poliziotti, o per salvarci l’anima. Si dice che ieri ci fossero 300.000 persone in piazza. Domando:
- esistono in Italia 30.000 persone disposte a compiere azioni nonviolente di disobbedienza civile, anche illegali [occupazioni, blocchi, sabotaggi...], e disposte quindi, eventualmente, a finire in galera?
- esistono in Italia 300.000 persone disposte a compiere azioni nonviolente di non collaborazione attiva [boicottaggi di aziende e banche, obiezioni fiscali mirate...]?
- esistono in Italia 3.000.000 di persone disposte a sostenere le forme di lotta di cui sopra e a programmare un’astensione pubblica e motivata per le prossime elezioni?
Se non siamo capaci di andare a colpire i veri interessi dei nostri avversari [denaro e consenso-potere], se non siamo disposti a rischiare anche di perdere qualcosa per noi, non siamo all’altezza dello scontro in atto e, giustamente, non siamo credibili. O la nonviolenza è ‘un equivalente morale della guerra’ o, semplicemente, non è. [...]».
Enrico Euli, ricercatore di didattica e pedagogia nell’università di Cagliari, da una mail diffusa in rete
«Quel che rimane del #15ott: 5 arrestati a Regina Coeli 2 arrestate a Rebibbia».
Un tweet di un manifestante che porta il nick Zeropregi
«[...] Quale che sia il giudizio politico espresso su queste pratiche, non si capisce perché l’importanza e il significato di una manifestazione di oltre duecentomila persone debbano essere intaccate dall’1 per cento dei suoi partecipanti. In realtà, il senso di questa manifestazione può essere rimesso in discussione solo in quelle menti soggiogate alle immagini dei media dominanti. I manifestanti possono stare tranquilli: è un giogo che tende a scomparire. E la prova sta proprio nella loro presenza nelle strade di Roma. Perché non siamo forse di fronte a quegli stessi media che hanno continuato a ripetere che non c’era altra strada da quella dei diktat dei mercati finanziari? Apparentemente, è la coscienza della propria potenza a mancare di più al movimento in corso. Quando si deciderà a dire ‘ce ne freghiamo dei media dominanti, quello che conta sono i nostri strumenti di comunicazione, sviluppiamoli’, piuttosto che continuare a preoccuparsi della propria ‘buona immagine mediatica’? [...]»
Sergio Bianchi e Serge Quadruppani, il loro contributo si trova qui
«[...] si sa, la rete è luogo di esposizione delle differenze, di circolazione delle emozioni e degli umori. Mica la realtà. La realtà è la Piazza. Le grandi manifestazioni di massa. L’attivismo. I corpi. Il mostrarsi. E credo che qui stia il grande fraintendimento che movimento e mezzi di informazione, politica e opinione pubblica stanno osservando. Le masse del Novecento non sono le moltitudini di oggi. Non abbiamo a che fare con il movimento organizzato della classe operaia, con le grandi organizzazioni politiche. Gli indignati sono una moltitudine che racchiude sotto uno stesso termine ombrello una molteplicità di differenze, anche estreme. Non è possibile il principio di rappresentatività interna, non c’è un leader del movimento da intervistare. È cambiato il soggetto che porta in pubblico la sua opinione, ma i modi che utilizziamo per farlo pensiamo debbano essere ancora gli stessi. Le grandi manifestazioni di piazza sono un retaggio del ‘900 [...]»
Giovanni Boccia Artieri, docente di sociologia dei new media. Qui la sua riflessione integrale
«[...] spaccare la vetrina di una banca pensando di colpire un simbolo del capitalismo è un reato che va punito con equilibrio… Resistere a una carica violenta è un diritto, e anche una pratica rispettabile. Carlo ci ha provato».
Giuliano Giuliani, padre di Carlo, commentando sull’Unità i fatti di Roma
Forniamo un ampio stralcio delle prese di posizione molto ben fatto da carta.org,CONTROLACRISI.ORG
La giornata romana del 15 ottobre è stata complessa. Diversi scenari si sono sovrapposti, differenti soggetti hanno interagito, si sono scontrati talvolta duramente, hanno provato a delineare la propria tattica o magari hanno sottolineato la mancanza di una visione strategica più ampia.
In questi casi, conviene sempre diffidare di chi fornisce rappresentazioni schematiche, di chi disegna scenari nitidi e propugna visioni manichee: buoni-cattivi, infiltrati-manifestanti, teppisti-indignati. Per questo, per mantenere la lucidità e non affogare nella retorica, non bruciare nel fuoco di paglia dell’entusiasmo o perdersi nel vortice della depressione, abbiamo scelto di raccogliere qui alcune voci dalla e sulla piazza. Una narrazione polifonica e per certi versi contraddittoria. Si tratta infatti di opinioni parziali [di parte], di punti di vista scelti in maniera arbitraria e da fonti eterogenee, tentando di affiancare diversi tasselli di un mosaico ancora in corso d’opera.
Questa pagina verrà di volta in volta aggiornata con altri spunti di riflessione.
«[...] Se togli il futuro a una generazione, non puoi aspettarti che questa se ne stia con le braccia conserte a lasciarti fare.C’è chi ha la lucidità di capire dove e di chi sono le responsabilità di cosa succede [vedi, tra gli altri, i geniali Draghi Ribelli che nei giorni precedenti il 15 hanno occupato via Nazionale riuscendo a far velere senza la violenza e la distruzione i loro contenuti e le loro ragioni] e chi invece riversa in una cieca violenza il proprio modo di reagire all’assenza di prospettive. Non c’è giustificazione per quanto è successo, ma non giustificare non significa non cercare di capire cosa è successo ieri in piazza e perchè. E allora, riprendo qui una parte della lucidissima analisi di Salvo Leonardi: ‘Come mai, quando a fracassare tutto sono i giovani ribelli delle periferie francesi o inglesi non si risparmiano gli attestati di simpatia politica e sociologica – organizzando workshops accademici e nei centri sociali [con tanto di citazioni dai ‘subaltern studies’] - e se poi qui da noi qualcuno li prende sul serio e pensa di emularli o sono teste di cazzo o fascisti infiltrati?’ Fa comodo, alleggerisce le coscienze, pensare che sono teste di cazzo, fascisti e infiltrati[...]».
Emanuele Toscano, ricercatore universitario, dal suo blog
«Ritenevamo quanto accaduto oggi quasi inevitabile, insito nella cornice stessa scelta in Italia per aderire al 15 Ottobre planetario: il Grande Corteo Nazionale anziché l’essere ovunque ['Occupy Everything'] che i movimenti praticano nel mondo, e che hanno praticato anche oggi ['962 città in 85 paesi' significa una media di 11 città per paese, mentre da noi si è scelto di convergere quasi tutti in un solo punto, il solito, con tutte le implicazioni del caso]. E’ una riflessione che abbiamo ripetuto molte volte, fino ad annoiare noi stessi e gli altri. Prima del “#15ott” c’è stato il ’14dic’, e prima ancora il G8 etc. Oggi quelle critiche abbiamo zero voglia di riproporle, perché quando c’è chi rischia la vita in strada la priorità è essere solidali. Il ‘ve l’avevo detto’ è reazionario e anche un po’ infame. ‘Dire’ non serve se non si convince. Oggi si può solo esprimere solidarietà a chi ha subito la repressione, e a chi ha subito la situazione [...]».
Wu Ming 1, su Giap!, il blog di Wu Ming che ha offerto il suo spazio prima a un’interessante esperimento di narrazione collettiva – via Twitter – del corteo del 15 ottobre e poi a una densa discussione su quanto è accaduto. Trovate tutto qui.
«Io non faccio la spia, e i conti preferisco regolarli dentro casa. Ma quei ragazzi incappucciati che hanno fatto gli scontri sono i nostri figli e fratelli minori. Sono ragazzi arrabbiati e disperati ai quali non basta la sponda politica che noi cerchiamo di offrire. E se la politica non cambia, se neppure il movimento antagonista riesce a individuare una prospettiva credibile, lo scenario purtroppo è e sarà questo»
Andrea Tarzan Alzetta, consigliere comunale a Roma di Action, al Corriere della Sera del 16 ottobre
«[...] Quanti erano? Il gruppone che ho visto io era composto di cento, al massimo 150 persone, in apparenza tutti maschi, tutti coi caschi e i volti coperti da fazzoletti, alcuni coi bastoni. Non so se ce n’erano altri in giro. Ma quelli che hanno fatto il casino immenso in piazza San Giovanni, lato via Emanuele Filiberto, non erano più di 150: a esagerare. Poi è iniziata la controcarica dei mezzi della polizia e quelli sono scappati [...]».
Alessandro Gilioli, giornalista de L’Espresso, sul suo blog ‘Piovono Rane‘
«Tra la devastazione nichilista e il pacifismo di maniera una via alternativa deve esserci. Pratiche nonviolente al di fuori della legalità, io non vedo altre strade. Blocco delle vie di comunicazione e delle merci, disobbedienza civile, autoriduzioni, insolvenza. Nulla di nuovo e nulla di violento».
Marco Arturi, Fiom Torino ed eno-dissidente, dalla sua pagina Facebook
«[...] Quello che è accaduto ieri deve aprirci gli occhi e la mente. Non si può continuare a fare politica con le vecchie ricette. Ci dovranno essere cambiamenti anche nelle lotte sul lavoro e nel sindacato, e nella politica economica. Per concludere, vorrei ricordare che dopo il discorso di Sarteano anche un banchiere come Mario Draghi ha detto di capire le ragioni degli indignati. Forse siamo all’inizio di una nuova epoca».
Valentino Parlato, editoriale su il manifesto del 16 ottobre, potete leggerlo qui
«[...] La questione principale è un’altra. E’ la questione delle pratiche. Che devono essere condivise. Non si parassita un corteo che ha altri obiettivi e convocato con altre pratiche, non gli si impone la propria minoritaria presenza. Questa è la violenza peggiore. Imporre agli altri le proprie pratiche. Prendendo la testa in 300 di una manifestazione di 300mila persone e segnando il destino di quella manifestazione. E’ una questione di democrazia. Sommamente significativo che il grosso dei No Tav – i temibili valsusini! – li hanno contestati. In Val di Susa, per dire, nessuno era andato a dire che queste erano la pratiche della giornata [...]».
Marco Rovelli, scrittore e musicista, su Nazione Indiana. Il suo intervento integrale si trova qui
«[...] Il sistema non è mai stato tanto debole, indipendentemente da noi [...] credo che sia sempre meglio essere sconfitti tentando il nuovo che continuando ad organizzare manifestazioni per i black bloc e i poliziotti, o per salvarci l’anima. Si dice che ieri ci fossero 300.000 persone in piazza. Domando:
- esistono in Italia 30.000 persone disposte a compiere azioni nonviolente di disobbedienza civile, anche illegali [occupazioni, blocchi, sabotaggi...], e disposte quindi, eventualmente, a finire in galera?
- esistono in Italia 300.000 persone disposte a compiere azioni nonviolente di non collaborazione attiva [boicottaggi di aziende e banche, obiezioni fiscali mirate...]?
- esistono in Italia 3.000.000 di persone disposte a sostenere le forme di lotta di cui sopra e a programmare un’astensione pubblica e motivata per le prossime elezioni?
Se non siamo capaci di andare a colpire i veri interessi dei nostri avversari [denaro e consenso-potere], se non siamo disposti a rischiare anche di perdere qualcosa per noi, non siamo all’altezza dello scontro in atto e, giustamente, non siamo credibili. O la nonviolenza è ‘un equivalente morale della guerra’ o, semplicemente, non è. [...]».
Enrico Euli, ricercatore di didattica e pedagogia nell’università di Cagliari, da una mail diffusa in rete
«Quel che rimane del #15ott: 5 arrestati a Regina Coeli 2 arrestate a Rebibbia».
Un tweet di un manifestante che porta il nick Zeropregi
«[...] Quale che sia il giudizio politico espresso su queste pratiche, non si capisce perché l’importanza e il significato di una manifestazione di oltre duecentomila persone debbano essere intaccate dall’1 per cento dei suoi partecipanti. In realtà, il senso di questa manifestazione può essere rimesso in discussione solo in quelle menti soggiogate alle immagini dei media dominanti. I manifestanti possono stare tranquilli: è un giogo che tende a scomparire. E la prova sta proprio nella loro presenza nelle strade di Roma. Perché non siamo forse di fronte a quegli stessi media che hanno continuato a ripetere che non c’era altra strada da quella dei diktat dei mercati finanziari? Apparentemente, è la coscienza della propria potenza a mancare di più al movimento in corso. Quando si deciderà a dire ‘ce ne freghiamo dei media dominanti, quello che conta sono i nostri strumenti di comunicazione, sviluppiamoli’, piuttosto che continuare a preoccuparsi della propria ‘buona immagine mediatica’? [...]»
Sergio Bianchi e Serge Quadruppani, il loro contributo si trova qui
«[...] si sa, la rete è luogo di esposizione delle differenze, di circolazione delle emozioni e degli umori. Mica la realtà. La realtà è la Piazza. Le grandi manifestazioni di massa. L’attivismo. I corpi. Il mostrarsi. E credo che qui stia il grande fraintendimento che movimento e mezzi di informazione, politica e opinione pubblica stanno osservando. Le masse del Novecento non sono le moltitudini di oggi. Non abbiamo a che fare con il movimento organizzato della classe operaia, con le grandi organizzazioni politiche. Gli indignati sono una moltitudine che racchiude sotto uno stesso termine ombrello una molteplicità di differenze, anche estreme. Non è possibile il principio di rappresentatività interna, non c’è un leader del movimento da intervistare. È cambiato il soggetto che porta in pubblico la sua opinione, ma i modi che utilizziamo per farlo pensiamo debbano essere ancora gli stessi. Le grandi manifestazioni di piazza sono un retaggio del ‘900 [...]»
Giovanni Boccia Artieri, docente di sociologia dei new media. Qui la sua riflessione integrale
«[...] spaccare la vetrina di una banca pensando di colpire un simbolo del capitalismo è un reato che va punito con equilibrio… Resistere a una carica violenta è un diritto, e anche una pratica rispettabile. Carlo ci ha provato».
Giuliano Giuliani, padre di Carlo, commentando sull’Unità i fatti di Roma
venerdì 14 ottobre 2011
15 ottobre, centinaia di pullman tutto pronto per il corteo di Roma
IL corteo del popolo anti-crisi partirà alle 14 da Piazza della Repubblica e sarà aperto da due striscioni, "People of Europe rise up" e "Cambiamo l'Europa, cambiamo l'Italia", portati da rappresentanti dei vari conflitti in corso in Italia. Una trentina tra loro prenderà la parola in piazza San Giovanni dopo essere sfilati per Via Cavour, Fori Imperiali, Colosseo, Via Labicana, Viale Manzoni e Via Emanule Filiberto. Per i dettagli sulla composizione del corteo c'è da aspettare ancora. Solo nel primo pomeriggio di oggi si riunirà il coordinamento nazionale che si sta facendo carico delle questioni logistiche e di servizio del corteo, uno dei 250 che si terranno in altrettante città nel mondo in risposta alla chiamata spagnola degli indignados. Il documento del 15-M, che 48 ore fa ha descritto quello che succederà sabato nello Stato Spagnolo, prende le mosse da uno slogan che non sfigurerebbe nemmeno per le strade di Roma: "Scusate il disturbo ma questa è una rivoluzione". Al di là della suggestione, che stabilisce una connessione densa con quanto accaduto sull'altra sponda del Mediterraneo, la manifestazione di sabato sta prendendo dimensioni insperate da chi, già nelle giornate genovesi del decennale, aveva subito raccolto l'input. I pullman di cui si è venuti a sapere sarebbero già 500 e molte città hanno superato di gran lunga le previsioni sulla partecipazione. "Merito", naturalmente, tutto della crisi, la più disastrosa e generalizzata nelle biografie di chi scenderà in piazza. A voler trovare un precedente recente «c'è solo quel 15 febbraio del 2003, quando il movimento antiglobalizzazione, che per primo aveva denunciato i disastri che il neoliberismo andava provocando, manifestò in tutto il mondo contro l'imminente guerra Usa contro l'Iraq», spiega Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas, poco prima della riunione ristretta che, ieri sera, doveva formulare le proposte per il coordinamento nazionale del giorno successivo.
E' in quella sede che si confrontano le profonde differenze di linguaggi e prospettive tra gran parte delle aree che saranno in piazza in una città dove non manca mai un cronista "normale" disposto a fare titoli cubitali - che poi è quello che succede da giorni - sull'allarme di barbe finte, questurini e politici per la legittima manifestazione del dissenso. I principali giornali romani si battono da tempo per interdire il centro alle manifestazioni o, più semplicemente ai borgatari. Il fronte di opposizione alla crisi coinvolge però anche i giuristi e gli avvocati delle associazioni Giuristi Democratici e Legal Team Italia che, oltre a condividere la protesta, «vogliono garantire anche nella piazza di Roma, la tutela della serena agibilità e libertà di manifestare, con la presenza visibile e la partecipazione diretta e immediata, anche per vigilare ed evitare ogni possibile intervento esterno che tenda ad una degenerazione della manifestazione democratica e di massa». A disposizione dei manifestanti il numero telefonico reso disponibile dalla Casa dei diritti sociali, 06491563, la quale provvederà a contattare i legali presenti al corteo.
Per le strade di Roma ci saranno vecchie e nuove soggettività, con un'articolazione notevole e un range di autonomia dal quadro politico che va dall'estraneità dell'area dello Sciopero precario, che si muove sulle istanze del reddito incondizionato e del diritto all'insolvenza e di Roma Bene Comune - che ha promosso un percorso nazionale sulle parole d'ordine di conflitto e indipendenza - alla contiguità col centrosinistra dell'Arci, della Fiom, Legambiente, di Uniti per l'alternativa, pezzi di Cgil e della diaspora del popolo viola. In mezzo ci sono le reti degli studenti, che partiranno dalla Sapienza, il sindacalismo di base, la coalizione che si riconosce nella parola d'ordine "Non paghiamo il debito" lanciata dall'assemblea dell'Ambra Jovinelli il primo ottobre, il forum dei movimenti per l'acqua, gli occupanti del Teatro Valle, la sinistra radicale a partire da Rifondazione comunista. Si tratta di aree che hanno pochi margini di sovrapposizione tra loro e che giungono a Roma sulla base di appelli piuttosto diversi tra loro e che alludono a diverse modalità sia di attraversamento della città, sia rispetto all'happening finale. Per tutti vale la suggestione potente della riappropriazione dello spazio pubblico ma le convergenze su come e quando farlo finora scarseggiano. Per tutti il corteo di sabato non è che un inizio ma la meta saranno le primarie o la democrazia reale?
E' in quella sede che si confrontano le profonde differenze di linguaggi e prospettive tra gran parte delle aree che saranno in piazza in una città dove non manca mai un cronista "normale" disposto a fare titoli cubitali - che poi è quello che succede da giorni - sull'allarme di barbe finte, questurini e politici per la legittima manifestazione del dissenso. I principali giornali romani si battono da tempo per interdire il centro alle manifestazioni o, più semplicemente ai borgatari. Il fronte di opposizione alla crisi coinvolge però anche i giuristi e gli avvocati delle associazioni Giuristi Democratici e Legal Team Italia che, oltre a condividere la protesta, «vogliono garantire anche nella piazza di Roma, la tutela della serena agibilità e libertà di manifestare, con la presenza visibile e la partecipazione diretta e immediata, anche per vigilare ed evitare ogni possibile intervento esterno che tenda ad una degenerazione della manifestazione democratica e di massa». A disposizione dei manifestanti il numero telefonico reso disponibile dalla Casa dei diritti sociali, 06491563, la quale provvederà a contattare i legali presenti al corteo.
Per le strade di Roma ci saranno vecchie e nuove soggettività, con un'articolazione notevole e un range di autonomia dal quadro politico che va dall'estraneità dell'area dello Sciopero precario, che si muove sulle istanze del reddito incondizionato e del diritto all'insolvenza e di Roma Bene Comune - che ha promosso un percorso nazionale sulle parole d'ordine di conflitto e indipendenza - alla contiguità col centrosinistra dell'Arci, della Fiom, Legambiente, di Uniti per l'alternativa, pezzi di Cgil e della diaspora del popolo viola. In mezzo ci sono le reti degli studenti, che partiranno dalla Sapienza, il sindacalismo di base, la coalizione che si riconosce nella parola d'ordine "Non paghiamo il debito" lanciata dall'assemblea dell'Ambra Jovinelli il primo ottobre, il forum dei movimenti per l'acqua, gli occupanti del Teatro Valle, la sinistra radicale a partire da Rifondazione comunista. Si tratta di aree che hanno pochi margini di sovrapposizione tra loro e che giungono a Roma sulla base di appelli piuttosto diversi tra loro e che alludono a diverse modalità sia di attraversamento della città, sia rispetto all'happening finale. Per tutti vale la suggestione potente della riappropriazione dello spazio pubblico ma le convergenze su come e quando farlo finora scarseggiano. Per tutti il corteo di sabato non è che un inizio ma la meta saranno le primarie o la democrazia reale?
SALUTE: 6 MLN DONNE ITALIANE SOFFRONO DI STRESS DA LAVORO
Ne soffrono 9 milioni di italiani, ma il mondo femminile è coinvolto in misura doppia. Lo rivela uno studio pubblicato su European Neuropsychopharmacology. I disturbi psichici sono cresciuti del 10% in 5 anniLa sfera del lavoro assume con sempre maggiore frequenza contorni patologici. Pressioni, barriere culturali, remunerazioni inferiori, eccesso di competitività costellano l’universo lavorativo di rischi per l’incolumità fisica e mentale. In particolare lo stress lavoro correlato è uno dei fattori che con prepotenza si stanno diffondendo in Italia, come in tutta Europa: nel Vecchio Continente, i suoi costi sono stati stimati nell’ordine dell’1% del Pil. Ma nel nostro Paese a farne le spese con più drammaticità sono le donne.
Se infatti nove milioni di italiani soffrono di stress da lavoro, in questa massa di persone le donne sono il doppio degli uomini. Di queste, nove su dieci soffrono di disagi psichici e disturbi dell’umore, primi fra tutti di ansia (45%) e di sindrome pre-mestruale (43%), ma anche di irritabilità/eccessiva tendenza al pianto (41%) e di insonnia (39%). Anche le sindromi depressive sono in agguato (il 20% circa).
A monitorare un fenomeno socio-sanitario di primaria importanza, è uno studio internazionale pubblicato in questi giorni sulla rivista European Neuropsychopharmacology. La ricerca mette in luce fra i fattori determinanti “le forti pressioni lavorative, le barriere culturali che rendono la carriera manageriale della donna più difficoltosa e impegnativa, le remunerazioni non in linea con le medesime posizioni ricoperte dai colleghi, la competitività e – sottolinea la pubblicazione-, i rapporti interpersonali ed il difficile clima aziendale a cui si sommano le responsabilità, gli incarichi legati alla vita quotidiana e il ruolo di ‘care giver’ all’interno della famiglia”.
A questo si aggiunge il periodo di grave crisi economica, l’incertezza per il futuro per sé e per i propri figli. Non a caso le donne giovani – complici le alterazioni ormonali nelle diverse fasi riproduttive (gravidanza, puerperio) – e quelle che lavorano a contatto con il pubblico, sono più vulnerabili a stati di ansia, insonnia, disturbi sessuali. In percentuale minore a sindromi depressive, più tipiche, invece, dell’uomo adulto con mansioni esecutive.
Lo stress, rivela lo studio, coinvolge ed affligge tutta la popolazione europea, con punte del 60% e importanti ripercussioni sullo stato di salute. Le stime attestano infatti che i disturbi psichici dal 2005, quando la prevalenza di malattia si aggirava al 27,4% hanno registrato una progressione di più del 10% assestandosi nel 2010 su valori oltre il 38%.
“Questa nuova sofferenza delle lavoratrici - secondo Emanuela Palazzani, rappresentante di AIDDA (Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda) - va ricercata anche nelle carenze di servizi alla famiglia e di sostanziali supporti sociali (asili nido, strutture attrezzate per gli anziani), aggravate dalla crisi economica. Carenze che limitano la donna nell’ascesa professionale e costituiscono una indiscussa fonte di stress da lavoro con importanti ripercussioni sul piano psicologico, fisico e sul numero di giornate lavorative perse”.
Fondamentali in questo scenario le azioni di prevenzione collettiva, i consultori e le attività di promozione della salute all’interno delle imprese, che ancora in Italia risultano carenti. Uno di questi è l’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (ONDA) che grazie a un accordo con il Fatebenefratelli di Milano, ha creato un team di psicologhe “in grado di rispondere – ha sottolineato la presidente di Onda, Francesca Merzagora- alle richieste anche personalizzate delle aziende per la gestione dello stress lavoro correlato”.
“Nell’81% dei casi – osserva Claudio Mencacci, Direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano - le persone in difficoltà riacquistano, con un buon sostegno psicologico, competenze e capacità cognitive e comportamentali che consentono ad un individuo di mettere in atto strategie di adattamento per far fronte a situazioni stressanti.”
Se infatti nove milioni di italiani soffrono di stress da lavoro, in questa massa di persone le donne sono il doppio degli uomini. Di queste, nove su dieci soffrono di disagi psichici e disturbi dell’umore, primi fra tutti di ansia (45%) e di sindrome pre-mestruale (43%), ma anche di irritabilità/eccessiva tendenza al pianto (41%) e di insonnia (39%). Anche le sindromi depressive sono in agguato (il 20% circa).
A monitorare un fenomeno socio-sanitario di primaria importanza, è uno studio internazionale pubblicato in questi giorni sulla rivista European Neuropsychopharmacology. La ricerca mette in luce fra i fattori determinanti “le forti pressioni lavorative, le barriere culturali che rendono la carriera manageriale della donna più difficoltosa e impegnativa, le remunerazioni non in linea con le medesime posizioni ricoperte dai colleghi, la competitività e – sottolinea la pubblicazione-, i rapporti interpersonali ed il difficile clima aziendale a cui si sommano le responsabilità, gli incarichi legati alla vita quotidiana e il ruolo di ‘care giver’ all’interno della famiglia”.
A questo si aggiunge il periodo di grave crisi economica, l’incertezza per il futuro per sé e per i propri figli. Non a caso le donne giovani – complici le alterazioni ormonali nelle diverse fasi riproduttive (gravidanza, puerperio) – e quelle che lavorano a contatto con il pubblico, sono più vulnerabili a stati di ansia, insonnia, disturbi sessuali. In percentuale minore a sindromi depressive, più tipiche, invece, dell’uomo adulto con mansioni esecutive.
Lo stress, rivela lo studio, coinvolge ed affligge tutta la popolazione europea, con punte del 60% e importanti ripercussioni sullo stato di salute. Le stime attestano infatti che i disturbi psichici dal 2005, quando la prevalenza di malattia si aggirava al 27,4% hanno registrato una progressione di più del 10% assestandosi nel 2010 su valori oltre il 38%.
“Questa nuova sofferenza delle lavoratrici - secondo Emanuela Palazzani, rappresentante di AIDDA (Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda) - va ricercata anche nelle carenze di servizi alla famiglia e di sostanziali supporti sociali (asili nido, strutture attrezzate per gli anziani), aggravate dalla crisi economica. Carenze che limitano la donna nell’ascesa professionale e costituiscono una indiscussa fonte di stress da lavoro con importanti ripercussioni sul piano psicologico, fisico e sul numero di giornate lavorative perse”.
Fondamentali in questo scenario le azioni di prevenzione collettiva, i consultori e le attività di promozione della salute all’interno delle imprese, che ancora in Italia risultano carenti. Uno di questi è l’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (ONDA) che grazie a un accordo con il Fatebenefratelli di Milano, ha creato un team di psicologhe “in grado di rispondere – ha sottolineato la presidente di Onda, Francesca Merzagora- alle richieste anche personalizzate delle aziende per la gestione dello stress lavoro correlato”.
“Nell’81% dei casi – osserva Claudio Mencacci, Direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano - le persone in difficoltà riacquistano, con un buon sostegno psicologico, competenze e capacità cognitive e comportamentali che consentono ad un individuo di mettere in atto strategie di adattamento per far fronte a situazioni stressanti.”
giovedì 13 ottobre 2011
Ospedali chiusi, nuove discariche, sprechi e privatizzazioni...ecco i primi 18 mesi di governo della Polverini
“Ospedali chiusi, nuove discariche, privatizzazione dei servizi pubblici, zero investimenti su trasporto e welfare, bilanci bloccati per quasi tutto ma non per i nuovi sprechi e tante proteste dei cittadini indignati: sembra impossibile ma la presidente Polverini è riuscita a “polverinizzare” la nostra regione in soli 18 mesi.”. E’ quanto affermano, in una nota congiunta, il capogruppo e il consigliere della Federazione della Sinistra alla Regione Lazio, Ivano Peduzzi e Fabio Nobile.
“In poco più di un anno –continuano- la nostra commissaria alla sanità, come uno tsunami, è riuscita a spazzar via l’intero sistema sanitario della nostra regione: ha chiuso ospedali, ridotto i posti letto e aperto la strada alle privatizzazioni che, sappiamo bene, non sono mai un bene né per i lavoratori né per la qualità del servizio. Nonostante le promesse fatte in campagna elettorale –proseguono- nulla ha fatto per alleggerire le infinite liste di attesa né per stabilizzare i precari né per sopperire alle ormai note carenze di personale delle strutture ospedaliere” .
“Quello della Polverini –continuano i consiglieri- è il governo degli spot, dei manifesti ingannevoli che tappezzano le nostre città, delle milionarie campagne di comunicazione, dei pranzi con Bossi, degli elicotteri e dei privilegi intoccabili. Il Governo delle chiacchiere che perde tempo e spreca soldi per le autocelebrazioni mentre –concludono Peduzzi e Nobile- interi territori sono mobilitati contro la realizzazione delle nuove discariche, mentre migliaia di lavoratori aspettano lo stipendio che non arriva perché la Regione non sblocca i fondi ai Comuni e agli enti creditori”.
martedì 11 ottobre 2011
domenica 9 ottobre 2011
Depressione, ansia, stress: sotto scacco un lavoratore su quattro
Un lavoratore su quattro colpito dalla sindrome da stress lavoro-correlato. I numeri crescono se si tratta di donne, visto che per chi affronta una gravidanza la percentuale sale al 50%. I motivi sono tanti: mancate sostituzioni, difficile ricollocazione sul lavoro dopo il parto, possibili tensioni con i colleghi a loro volta sfiancati dal troppo lavoro. Il fenomeno in ogni caso è in crescita e costa alle imprese europee 20 miliardi di euro l’anno. La fotografia del Paese, alle prese con il decreto legislativo 81/2008 che regola la sicurezza nei luoghi di lavoro e obbliga le aziende pubbliche e private a rilevare lo stress da lavoro correlato, è stata scattata oggi a Messina in occasione del convegno ‘Benessere organizzativo’ organizzato dalla Federazione italiana di Asl e ospedali (Fiaso) e dall’azienda ospedaliera universitaria ‘G.Martino’ di Messina.
“Lo stress – rivela lo studio della Fiaso – è il secondo problema di salute legato all’attività lavorativa. Per non parlare delle giornate di lavoro perse: oltre la metà delle assenze per malattia è legata a questo problema. Per un costo di circa 20 miliardi di euro nei 15 Paesi dell’Ue”. “In ospedale o in ambulatorio – spiega Giancarlo Sassoli, coordinatore del progetto della Fiaso – è comprovato che i sanitari sottoposti a maggior stress da lavoro correlato commettono anche più errori clinici”. Dal mondo della sanità arriva il primo progetto, targato Fiaso, al quale partecipano 16 aziende sanitarie e ospedaliere. Una ‘check list’ per anticipare gli eventi sentinella e i fattori di rischio dello stress.
“Attraverso un meccanismo di rilevazione – spiegano gli esperti della Fiaso – messo a punto seguendo le linee guida recentemente stabilite dalla Commissione consultiva permanente per la sicurezza e la salute del ministero del Lavoro, è stata stilata una ‘check list’ di possibili fattori di rischio stress lavoro-correlato. Ad esempio – proseguono – le assenze per malattia, il lavoro notturno, la reperibilità. Ma anche fattori legati alle relazioni sociali nell’azienda, alla formazione o alla gestione del lavoro”. Eventi sentinella che in alcuni casi, come le assenze per malattia, per essere rilevati e verificati “richiedendo una forte collaborazione – avvertono i tecnici – delle amministrazioni coinvolte nella sperimentazione”.
Riconoscere i sintomi dello stress
Lo stress può essere causa di malattie cardiovascolari, ictus e irritazione degli organi digestivi. Spesso però non si riesce facilmente a riconoscerlo.
Ecco 5 segni dello stress, secondo Shine:
Dolore alle mascelle
Lo stress provoca contrazioni della mascella che comporta dolore soprattutto a livello della regione nucale. Questi sintomi si verificano spesso di notte, si tende a stringere i denti e la mattina dopo ci si risveglia con la mascella contratta e dolore al collo.
Prurito
Lo stress apporta modifiche alle cellule immunitarie presenti sulla pelle rendendole più attive causando una serie di condizioni quali psoriasi, rosacea, eczema. Se la pelle vi fa prurito tenete sotto controllo lo stress riducendolo al minimo.
Tic all’occhio
Anche se la causa esatta del tic agli occhi non è ancora nota questa potrebbe essere un segno che avete bisogno di riposo e relax. La stanchezza è il consumo eccessivo di caffeina può contribuire alla contrazione degli occhi. Ridurre le cose che vi comportano stress è la maniera principale per fermare queste contrazioni.
Dolore alle gengive
Lo stress aumenta i livelli di cortisolo nell’organismo che può provocare una sensazione di bruciore in tutto il corpo, comprese le gengive. Indebolisce il sistema immunitario che scatena la crescita di batteri in bocca, irritazione e infiammazione gengivali. Oltre a una sana igiene orale, mantenete un buon sistema immunitario con una dieta bilanciata e nutriente, dormite a sufficienza.
Nausea
Elevati livelli di stress hanno dimostrato un aumento di sintomi quali dolore addominale, nausea e sensazione di vomito. Se avete questi sintomi provate a rilassarvi e a ridurre la vostra fonte di stress.
Una bella idea per combattere lo stress è venuta a Andy Gibson, un disegnatore di siti web che alle prese con stress e depressione, insieme ad alcuni amici ha deciso di fare 5 cose al giorno per rilassarsi al pari di una mela al giorno per togliere il medico di torno.
Gli inglesi hanno preso molto seriamente questa cosa, infatti le autorità sanitarie britanniche, spiega il Daily Telegraph stanno per iniziare un grande trial sulle cosiddette ‘mindapples‘: in otto ospedali londinesi verrà chiesto di fare ogni giorno qualcosa che fa bene alla mente, come scrivere a un amico o leggere un libro.
Negli ospedali della capitale britannica, tra cui la clinica Mudsley, gli utenti e il personale troveranno negli spazi comuni delle cartoline a forma di mela dove scrivere cinque azioni che danno benessere, con l’invito a farne il più possibile ogni giorno.
“La cosa che mi piace di questa iniziativa è che non c’è nessun imperativo da dare a chi partecipa – ha spiegato Tony Coggins, della clinica Mudsley – spesso si stressano le persone con messaggi sul non mangiare cibo spazzatura o diminuire l’alcol. Le ‘mindapples’ sono dedicate alla persona, a cui si chiede ‘che cosa ti rende felice?’”.
Le 10 bugie di Gelmini-Pinocchio
www.aetnanet.org
di Giuseppe Caliceti
Bugia n.1: una scuola che premia i meritevoli?
Prima che Gelmini fosse – immeritatamente - Ministro all'Istruzione, la scuola primaria italiana era al 1° posto in Europa per qualità, ora al 13° (dati Ocse). Di che merito parla?
Bugia n.2: in Italia ci sono troppi docenti?
No. Sono in media con gli altri paesi europei. Ma Gelmini non dice che conta anche i docenti di sostegno, in altri paesi pagati dal ministero all'istruzione: così falsifica un corretto confronto. Dire poi che ci sono più bidelli che carabinieri è tendenzioso: fortunatamente è ancora così in ogni paese del mondo. Lo scandalo sarebbe il contrario. Saremmo in un paese militarizzato.
BUGIA N.3: LE SCUOLE PRIVATE SONO MEGLIO DELLA SCUOLA PUBBLICA?
No. Nel 2007, dati Ocse, gli studenti usciti dalla pubblica erano mediamente più preparati di quelli usciti dalle private. Ma si è tagliato i fondi alla pubblica. Ancora: di che merito si parla?
BUGIA N. 4: ABBIAMO UNA SCUOLA PIU' FUNZIONALE ED EFFICIENTE?
No. Se un docente è assente, niente supplenti: gli studenti sono sparpagliati in altre classi senza svolgere il programma previsto. Gelmini ha inoltre ridotto il tempo scuola: ore a scuola degli studenti. E l'offerta formativa: ciò che viene loro insegnato. Per risparmiare.
BUGIA N. 5 GLI EDIFICI SCOLASTICI SONO A NORMA?
No. Secondo le norme di sicurezza e igieniche, per quasi la metà non sono a norma. Anche quelle che lo erano, con le famose classi-pollaio, non lo sono più. In caso di terremoto o di incendio chi è responsabile della sicurezza? Nessuno lo sa. E più studenti ci sono per classe, meno qualità c'è a scuola: gli studenti hanno meno possibilità di essere seguiti dai docenti. Il resto sono chiacchiere.
BUGIA N.6 LA SCUOLA E' APERTA A TUTTI?
C'è un “tetto” massimo per classe del 30% di studenti di origine straniera. Considerando stranieri anche i nati e sempre vissuti in Italia, che parlano bene l'italiano. E' discriminante. E in Italia abbiamo già un record negativo sulla dispersione scolastica: studenti che abbandonano la scuola.
BUGIA N.7 LA NOSTRA SCUOLA E' SOLIDALE? AIUTA CHI E' PIU' IN DIFFICOLTA'?
Falso. Il ministro ha ridotto le ore di aiuto agli studenti disabili. Attualmente si parla di sponsorizzazione dei disabili per pagar loro docenti di sostegno. Un disabile sponsorizzato dalla FIAT? No. Pagheranno di più i suoi genitori, pagheranno caro. E chi non ha denaro?
BUGIA N. 8 LA SCUOLA SA VALUTARE?
Con i test Invalsi è meno trasparente di una pagella. E' un sondaggio parziale e umiliante. E poi perché l'Invasi chiede anche titolo di studio e professione dei genitori dello studente? Se è di origine italiana o no? Se attualmente è disoccupato? E la privacy?
BUGIA N.9 NON TOCCHERO' IL TEMPO PIENO?
L'ha già toccato: abolendo la compresenza e trasformandolo in un doposcuola. Paradosso: proprio chi lparlava di “maestro unico”, sottopone a ogni bambino un carosello di sei, otto, dieci docenti. Ha trasformato l'elementare in una media: la scuola in Italia più problematica.
BUGIA N.10 L'ITALIA SPENDE TROPPO PER LA SCUOLA?
Al contrario: spendiamo troppo poco. In rapporto al Pil, nelle spese per la scuola, in Europa, siamo al penultimo posto: dietro di noi c'è solo la Slovacchia. E i docenti sono tra i meno pagati al mondo. Si dice che in periodo di crisi occorre tagliare. Dipende sempre dalle scelte. Per esempio, le spese militari sono aumentate. Germania, Stati Uniti, India invece di tagliare, hanno aumentato le spese per la scuola. Strategicamente. Per il loro futuro di paese. Per quello dei loro giovani.
LA SCUOLA DI OGGI NON E' PIU' QUELLA DI CUI SI PARLA NELLA NOSTRA COSTITUZIONE DIFENDI LA SCUOLA PUBBLICA, DIFENDI I TUOI FIGLI
sabato 8 ottobre 2011
coordinamento filcams cgil: straordinario forfetizzato
coordinamento filcams cgil: straordinario forfetizzato: Straordinari e premi detassati, opportuno indicare le motivazioni Lo straordinario forfetizzato rientra tra le somme ammesse al beneficio de...
giovedì 6 ottobre 2011
mercoledì 5 ottobre 2011
Settore Alimentare...corsi formativi hccp
E' sempre più una necessità salvaguardare l'igiene e la sicurezza alimentare per tutte le imprese del settore della ristorazione e più in generale di quelle che si occupano di somministrare alimenti e bevande.
A tal proposito CASARTIGIANI SERVICE offre a tutte le aziende di tale settore l'opportunità di adempiere ai propri obblighi, ai sensi della Deliberazione della Regione Toscana n. 559 del 21 Luglio 2008, tramite lo svolgimento dei corsi di HACCP che sostituiscono il vecchio libretto sanitario.
Hanno l'obbligo di partecipare a tali corsi tutte le persone che lavorano a contatto con gli alimenti manipolandoli o anche semplicemente somministrandoli.
All'interno di ogni ditta deve essere individuato un Responsabile che si occuperà anche dell'autocontrollo, mentre le altre persone che opereranno all'interno dell'azienda saranno gli addetti. La formazione è costituita da lezioni frontali ed i contenuti e le ore di tali lezioni si differenzieranno a seconda del ruolo e del tipo di attività degli utenti.
I Responsabili dell'Autocontrollo che manipolano direttamente gli alimenti (tipo di attività complessa) dovranno frequentare un corso di una durata di 16 ore; mentre i Responsabili che sommnistrano semplicemente il cibo (tipo di attività semplice) non entrando a contatto con esso parteciperanno ad un corso di una durata di 12 ore.
Gli addetti di attività complessa parteciperanno ad un corso di 12 ore; mentre quelli con un'attività semplice di 8 ore.
Secondo la normativa di riferimento dovrà essere svolto un corso di aggiornamento di HACCP ogni 5 anni; per i Responsabili avrà una durata di 8 ore, mentre per gli Addetti di 4 ore.
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martedì 4 ottobre 2011
BARLETTA, LE OPERAIE MORTE LAVORAVANO PER 4 EURO/ORA. NAPOLITANO: "INACCETTABILE"
BARLETTA - «Mia nipote, 33 anni, prendeva 3,95 euro all'ora, mia nuora quattro euro: lavoravano dalle otto alle 14 ore, a seconda del lavoro che c'era da fare. Avevano ferie e tredicesima pagate, ma senza contratto. Quelle donne lavoravano per pagare affitti, mutui, benzina, per poter vivere, anzi sopravvivere». Lo racconta la zia di una delle vittime.
"PAGATE IN NERO" Lavoravano in 'nero', senza contratto, le operaie morte nel crollo della palazzina di via Roma, a Barletta. Lo raccontano i parenti delle vittime, assiepati davanti all'obitorio del Policlinico di Bari dove si trovano i corpi delle operaie in attesa dell'autopsia. «Era gente - dicono - che lavorava per sopravvivere».
DOMANI I CORPI A BARLETTA Saranno riportati domani a Barletta i corpi delle cinque vittime del crollo della palazzina di via Roma che ora si trovano nell'obitorio del policlinico di Bari. Presumibilmente nella tarda mattinata i corpi, conclusi gli adempimenti chiesti dalla magistratura, saranno a disposizione dei parenti. Saranno trasferiti a Barletta dove sarà allestita una camera ardente da parte del Comune. I funerali si terranno presumibilmente dopodomani
GENITORI DELLA 14ENNE ALL'OBITORIO C'erano anche i coniugi proprietari del laboratorio di confezioni travolto dal crollo della palazzina di Barletta all'obitorio del policlinico di Bari dove è stata ricomposta anche la salma della loro figlioletta di 14 anni, Maria Cinquepalmi, uscita da scuola un'ora prima e rimasta sotto le macerie perchè voleva andare a trovare i genitori. Questi ultimi erano invece andati in ospedale, dall'anziana madre dell'uomo, che aveva subito un intervento. Una circostanza, questa, che ha salvato marito e moglie. Entrambi stravolti dal dolore, in disparte, distanti dagli altri parenti delle vittime, anche loro sono stati assistiti da personale della Croce Rossa. I parenti, 'scortatì dalla polizia di Stato e dalla Polizia provinciale, hanno poi raggiunto Barletta a bordo delle loro auto. Ogni nucleo famigliare sarà seguito da personale della Croce Rossa anche nelle loro case.
"APPROFONDIREMO LE CAUSE" Era stato chiesto al Comune affinchè predisponesse verifiche statiche sull'immobile crollato: lo ha detto, interpellato dall'ANSA, il procuratore di Trani, Carlo Maria Capristo. «Lo posso confermare. Non è una voce di popolo, ma un dato documentato», ha detto il procuratore. A quanto emerge dalle prime audizioni - ha detto tra l'altro il procuratore di Trani - è confermata la «richiesta di attenzione» da parte del Comune per la palazzina poi crollata. Capristo ha spiegato che la procura - le indagini sono dirette dal pm Giuseppe Maralfa - si è già impegnata da ieri, «dalle prime ore della tragedia, su una duplice direzione: condurre accertamenti sullo stato del palazzo che si è accartocciato, su quello che doveva essere costruito nel vuoto a fianco e sull'azienda sottostante». Riguardo al maglificio che era nella palazzina crollata e nel quale sono morte quattro operaie e la figlia 14enne dei titolari, serve capire - ha detto Capristo - come il laboratorio «si trovasse lì, se è tutto in regola, cercando di approfondire il rapporto tra le giovani donne che hanno trovato la morte e il datore di lavoro». «Non ci dimentichiamo - ha aggiunto - che abbiamo delle vittime, delle lavoratrici giovani, ed è una cosa molto seria da approfondire». Capristo ha detto che le indagini sono affidate a tre forze di polizia: «la guardia di finanza per tutti questi aspetti che vanno chiariti riguardo alle ipotesi di lavoro a nero o subordinato, e poi ci sono carabinieri e polizia che procedono agli accertamenti sul palazzo che si è avvitato su se stesso e sulla costruzione che doveva essere realizzata». E proprio per fare chiarezza sull'accaduto, da ieri gli investigatori stanno ascoltando i proprietari degli appartamenti dell'immobile crollato e quanti lavoravano nel cantiere attiguo. Capristo ha detto infine che a Barletta «sono state segnalate altre situazioni a rischio su altri palazzi». «Ho disposto - ha concluso - che si formi una task force per la valutazione di questi immobili nei paraggi dell'area dove è avvenuto il crollo e fuori dalla zona del centro storico. Situazioni a rischio che ci siamo ripromessi di monitorare con attenzione».
NAPOLITANO: UNA SCIAGURA «L'inaccettabile ripetersi di terribili sciagure, laddove si vive e si lavora, impone l'accertamento rigoroso delle cause e delle responsabilità, e soprattutto l'impegno di tutti, poteri pubblici e soggetti privati, a tenere sempre alta la guardia sulle condizioni di sicurezza delle abitazioni e dei luoghi di lavoro con una costante azione di prevenzione e vigilanza». Lo scrive Giorgio Napolitano, in un messaggio al sindaco di Barletta dove ieri è crollata una palazzina. Profondamente colpito dal tragico bilancio del crollo di una palazzina avvenuto a Barletta, Napolitano ha espresso al Sindaco Nicola Maffei, «sentimenti di commossa e affettuosa partecipazione al dolore delle famiglie delle vittime» e rivolto ai feriti «gli auguri di una pronta guarigione, manifestando all'intera comunità di Barletta, già duramente colpita negli anni da analoghi gravi eventi, la solidarietà di tutto il Paese. L'inaccettabile ripetersi di terribili sciagure, laddove si vive e si lavora - sottolinea il Capo dello Stato - impone l'accertamento rigoroso delle cause e delle responsabilità, e soprattutto l'impegno di tutti, poteri pubblici e soggetti privati, a tenere sempre alta la guardia sulle condizioni di sicurezza delle abitazioni e dei luoghi di lavoro con una costante azione di prevenzione e di vigilanza».
LE VITTIME. Le vittime sono cinque: una è la figlia quattordicenne dei proprietari del laboratorio tessile, Maria Cinquepalmi, le altre sono le operaie Matilde Doronzo, 32 anni, Giovanna Sardaro, 30 anni, Antonella Zaza, 36 anni e Tina Ceci, 37 anni. Miglior sorte ha avuto una loro collega: Mariella Fasanella, prima di essere trasportata in ospedale, è stata sentita da uno speleologo che le ha chiesto alcune informazioni sui luoghi per poter meglio mirare le ricerche. Un tentativo certosino perchè dall'anfratto creatosi nel crollo, e nel quale erano rimaste le operaie, arrivavano deboli lamenti per guidare la mano prudente dei vigili del fuoco. Più volte è stato chiesto a gran voce a tutti i presenti, tra i quali numerosi curiosi, di fare silenzio perchè nessun grido di speranza, che potesse fare da calamita, si perdesse nel vuoto. Nel crollo sono rimasti feriti anche alcuni passanti, che hanno riportato ferite non gravi e che sono stati accompagnate in ospedale.
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