domenica 20 marzo 2011

...l'inferno senza fine...ospedali psichiatrici

Ospedali psichiatrici l'inferno senza fine


di Manuela Modica
 Trecentocinquanta tra internati e detenuti. quattro educatori. Venti minuti al mese con lo psichiatra. Dieci internati per cella al II reparto. Bisogna contare per capire la crudezza della realtà del carcere psichiatrico siciliano. Il risultato è una condizione praticamente impossibile da gestire, a causa, soprattutto, del sovraffollamento: “Da 180 internati, nel 2006, siamo arrivati ai 350 di oggi, per una capienza massima di 250”, anche il direttore del carcere psichiatrico di Barcellona (in Sicilia), Nunziante Rosania (neuropsichiatra) si spiega in numeri. “Quel che la Commissione parlamentare ha visitato è a tutti gli effetti una struttura con ordinamenti, regolamenti, contabilità, tipici del carcere e non dell’ospedale. Un carcere che ha subito una riduzione di bilancio: per i servizi domestici, ad esempio, nel 2006 avevamo 470mila euro, nel 2009 solo 230. Per il capitolo sanitario i fondi (che sono ancora quelli dell’amministrazione penitenziaria per il mancato transito della medicina penitenziaria al Servizio Sanitario Regionale) ci consentono di pagare gli infermieri ed i medici, di acquistare i farmaci più importanti. Mentre non possiamo permetterci l’acquisto o la manutenzione degli strumenti perché sforeremmo".

Perché la popolazione dell’Opg è così aumentata in questi due anni?
“Iniziamo col dire che la popolazione di tutti gli Opg è aumentata. Negli ultimi vent’anni non s’era mai superata la soglia di 1250 internati, oggi sono più di 1500. Poi il Decreto del presidente del consiglio approvato ad aprile del 2008, che prevede il passaggio della Sanità Penitenziaria al Sistema sanitario nazionale, tarda a trovare piena applicazione: in Sicilia non è stato ancora recepito, mentre si rimane in attesa che siano varati i previsti “bacini di utenza” relativi agli OPG (Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia).
Cioè avete internati che provengono da regioni non di vostra competenza. E il vero problema dell’affollamento nasce dal territorio stesso: se un internato a fine misura di sicurezza non può essere affidato ad una struttura di reinserimento sociale, la misura viene prorogata, così che ‘sconta’ più di quanto previsto. È questa la vera ingiustizia?
“È così. Il termine della misura di sicurezza è,in realtà, teorico perché dipende dal venir meno della pericolosità sociale. Abbiamo prosciolti, per infermità mentale, per i quali viene disposta la misura di sicurezza perché considerati socialmente pericolosi. Ebbene sì, se al termine di questa non esiste un “cuscinetto” che dia progressione al reinserimento sociale, la magistratura proroga la misura”.
Per questo motivo chi inizialmente pensava di restare in Opg 5 anni, per esempio, in realtà potrebbe rimanere ‘dentro’ anche 15, 20 anni: lei dirige una discarica umana?
“Qualcuno ha parlato di “ pattumiere sociali” per gli ingestibili. E come “gestore”sono, ormai,in perfetta solitudine essendo rimasto l’unico psichiatra alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria. Mi sono costantemente battuto, negli ultimi 15 anni, insieme ai colleghi direttori degli altri Opg (5 in tutto, ndr), per il superamento di queste istituzioni di questi carnai umani. Siamo stati regolarmente inascoltati dagli interlocutori politici. E ci tocca, oggi, fare la parte del ‘Kapò’: per quel che mi riguarda sono rassegnato anche a questo ruolo, purché succeda qualcosa. Ripongo buona fiducia nel Presidente Ignazio Marino e confido che alla denuncia della Commissione da lui presieduta farà seguito una coerente azione politica”.
Siete “vittime”, ma vi servite dei letti di contenzione…
“Quando sono arrivato qui, i letti erano 26, oggi sono solo 2. La necessità del trattamento sanitario obbligatorio prevede, in casi limite, la contenzione. È chiaro che si tratta di “extrema ratio”, ma, attenzione, se io non intervenissi anche con un TSO nel caso di un soggetto che minaccia drammaticamente di suicidarsi e che rifiuta di curarsi, e quel soggetto poi si uccide davvero, la responsabilità è gravissima”.
E capita solo in questi casi?
“Pochi giorni fà uno dei nostri internati è andato in escandescenze. Si trattava di un uomo alto e corpulento, pienamente tranquillo solo un attimo prima, il quale d’improvviso sferrava calci e pugni dappertutto minacciando gravemente i suoi compagni. Sono riusciti a isolarlo in una stanzetta, sperando si riprendesse, ma lui ha preso a colpire il muro con la testa in maniera violentissima: cosa si può fare in questi casi, in questo contesto?”
. E la polizia penitenziaria che si trova a reagire in situazioni così delicate, di patologie mentali, ha una preparazione adeguata, per forza.
“No, non ha una specializzazione. L’Amministrazione penitenziaria ha organizzato alcuni corsi di formazione, ma bisognerà pensare a percorsi formativi più articolati. All’ OPG barcellonese abbiamo avuto 40 agenti in meno negli ultimi 3 anni, s’è ridotto anche il reparto infermieristico. Eppure eravamo riusciti a costituire un nucleo di polizia per le attività trattamentali che consentirono fino a tutto il 2007 lo svolgimento di esperienze trattamentali assolutamente innovative: i ricoverati allora erano 180.

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