L'istituzione della festa dei lavoratori, votata da 391 delegati, viene decisa il 20 luglio 1889 dal congresso internazionale operaio di Parigi
PRIMO MAGGIO. CENTOTREDICI ANNIDI SPERANZE, VITTORIE E SCONFITTE
di Diego Bertozzi
INTRODUZIONE Centotredici: sono questi gli anni della "venerabile" manifestazione internazionale del 1° Maggio. Nata alla fine dell'Ottocento a Parigi, la città della Rivoluzione e della Comune, ha accompagnato fino ad oggi lo sviluppo del movimento operaio di tutto il mondo, portandone alle luce, nel "centro borghese" come si diceva allora, le rivendicazioni - le otto ore di lavoro, le libertà politiche e la pace - ma anche le speranze.
Giornata anche utopica quindi, che va oltre le parole d'ordine contingenti e, a volte, le rigide imbracature imposte dalle esigenze politiche, per prefigurare, anche solo per un giorno, l'ebbrezza della futura società: "Oggi dimentichiamo: è così bello, non è vero, una volta tanto dimenticare il presente per spingere più libero il pensiero nell'avvenire. Specialmente per noi è bello, cui il presente non offre che la sconfinata visione delle umane miserie […]. Oggi sorvolando sul presente, spingiamo lo sguardo all'avvenire e ci contiamo". E quindi, oltre che prosaica rassegna annuale della propria forza e momento di riflessione sul cammino percorso, è anche giornata di festa, di rottura della monotonia lavorativa, in cui è lecito il sogno ad occhi aperti. Il Primo Maggio è stato tutto questo, una manifestazione multiforme e dalla pluralità di significati. In questo articolo ne studiamo le origini e il contrastato debutto nella primavera del 1890 per mostrare come una decisione, votata in un congresso tra l'indifferenza generale, sia riuscita a radicarsi così in profondità al suo primo apparire. Non tralasciamo, comunque, una piccola fuga nel futuro per vedere come queste origini sono interpretate da manifestanti e organizzatori.
La storica decisione :
"Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore": è questa la storica deliberazione, approvata il 20 luglio del 1889 dal congresso internazionale operaio, di tendenza marxista, riunito nella Salle Petrelle di Parigi, che sancisce la nascita ufficiale della manifestazione operaia del 1° Maggio. A votarla sono 391 delegati delle organizzazioni operaie provenienti da diversi paesi europei come Germania (81), Francia (221), Belgio (24), Inghilterra (22), Austria (8) e Russia (6). Delegazioni minori sono quelle olandese, svedese, norvegese, svizzera, polacca, rumena, ungherese, spagnola, portoghese, boema, bulgara e quella italiana, formata da due "apostoli" del socialismo quali Andrea Costa e Amilcare Cipriani.
La data di apertura del congresso non è casuale. Nel 1889 la capitale francese è intenta a festeggiare con l'Esposizione Universale il centenario della Rivoluzione e il 14 luglio, giorno di apertura dei lavori, porta alla mente il ricordo della presa della Bastiglia. Una scelta meditata quindi, di alto valore simbolico, effettuata da delegati che intendono presentarsi come eredi dei rivoluzionari del 1789 e continuatori degli ideali popolari che li avevano animati, in opposizione alla appropriazione operata dalla borghesia. Così recitava infatti la lettera di convocazione del congresso: "La classe dei capitalisti invita i ricchi e i potenti a venire a contemplare ed ammirare all'Esposizione Universale l'opera dei lavoratori condannati alla miseria […]. Noi socialisti […] diamo convegno a Parigi, il 14 luglio, ai produttori. Noi li invitiamo a venire a stringere i legami fraterni che, consolidando gli sforzi del proletariato di tutti i paesi, affretteranno l'avvento di un'epoca nuova". E casuale non è neppure la data individuata per la manifestazione, ma risponde all'esigenza di darle il più vasto respiro internazionale. Il 1° maggio del 1890 era stato infatti scelto dall'American Federation of Labor, riunita a congresso a St. Louis nel dicembre del 1888, per una dimostrazione nazionale a favore delle otto ore di lavoro.
Mentre tra le delegazioni regna un accordo pressoché unanime sulla necessità delle manifestazione e sul suo obiettivo, difficoltà emergono relativamente alla modalità del suo svolgimento rispetto alla quale, come testimonia la parte finale della deliberazione, la mancanza di accordo suggerisce un' ampia discrezione: "i lavoratori dei vari paesi daranno luogo alla manifestazione entro i limiti imposti dalla particolare situazione di ciascun paese".
Si tratta di una scelta obbligata e saggia che riflette le differenti condizioni in cui si trovano ad operare i movimenti operai e socialisti europei. Viene quindi rifiutata la proposta di un delegato francese di appoggiare la manifestazione con uno sciopero generale. Ad opporsi sono i delegati della socialdemocrazia tedesca Liebknecht e Bebel, timorosi di dare al governo del Kaiser il pretesto per scatenare una nuova ondata repressiva. Per i russi è persino inconcepibile l'idea di una manifestazione pubblica alla luce del poliziesco e reazionario regime zarista.
La decisione, passata tra il silenzio pressoché generale dell'opinione pubblica, la cui attenzione sarà richiamata solo a partire dai mesi immediatamente precedenti, segna una svolta fondamentale per il movimento operaio e per i suoi organizzatori. Così si esprime il russo Plechanov: "Il congresso operaio si concluse, i delegati se ne ritornarono alle loro case, e si poteva pensare che tutto finisse alle vecchia maniera, che nulla fosse davvero cambiato nei rapporti interni dei paesi civilizzati. In realtà la semplice decisione del congresso socialista colpì profondamente e con forza l'opinione pubblica dell'Occidente. Il proletariato dovunque la sentì sua, e ciò fu sufficiente a che se ne preoccupassero anche le classi dominanti".



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